Viale Eretenio

(Elisanna Matteazzi Chiesa)

Viale Eretenio VicenzaL’ampio e alberato viale Eretenio costeggia il fiume Retrone: sulla sinistra è visibile uno scorcio degli ultimi prati di Campo Marzo, la più vasta area pubblica della città, proprietà antichissima del Comune; adibita nel suo uso più antico a pascolo, servì anche per esecuzioni capitali, per fiere, per esercizi militari.

La denominazione pare venire dall’etimo dialettale “marso” (oggi ancora in uso a preferenza del meno corretto storicamente marzio).

Indicava cioè una zona “marcia” umida, paludosa, allagata com’era spesso, dalle piene del fiume Retrone, con il quale confinava prima della costruzione nel 1845 della strada ferrata, che l’anno seguente congiunse con la linea detta Ferdinandea Vicenza con Venezia.

Il viaggio fu descritto dai giornali dell’epoca come un’apoteosi: Venezia non sarebbe stata più una perla isolata in mezzo alla laguna, i vicentini la sentivano più vicina e l’arrivo del treno inaugurale alla stazione di Campo Marzo fu salutato da una gran folla venuta ad applaudire la protagonista: una sbuffante locomotiva nera.

Il nome del viale deriva dal Retrone, chiamato in età romana Edronis, nominato da Plinio, e trasformato in Edrone, Ereteno e nell’italiano Eretenio.

Il fiume è attraversato dal Ponte Furo, di epoca altomedioevale con rifacimenti vari senza alterarne la forma.

Vicino al ponte la Seriola, piccolo corso d’acqua che, in parte interrato attraversa la città, e in età scaligera era una difesa naturale per la Rocchetta, dopo aver costeggiato il lato meridionale di Campo Marzo, affluisce nel Retrone al Ponte Furo.

Dal ponte si può godere una delle vedute più suggestive di Vicenza, riflessi nell’acqua, se pur torbida, si specchiano vecchie case e la carena della Basilica Palladiana con la torre di Piazza.

All’altezza del ponte, continuando il percorso da contrà Pallamaio, passavano le mura della cerchia medioevale.

Prospiciente al fiume è l’elegante loggetta ionica di casa Sperotti, opera di Ottavio Bertotti Scamozzi.

Sul lato opposto in primo piano il prospetto di palazzo Anti è opera settecentesca di Ottone Calderari.

Sullo stesso lato palazzo Civena-Trissino è conosciuto come la prima costruzione in città di Andrea Palladio, legata a schemi raffaelleschi. Sopra il porticato si alza un piano con aperture sormontate da timpani ovali e triangolari, contenute entro alte colonne corinzie binate.

Al corpo centrale, la cui autenticità palladiana è riscontrabile ne “Le fabbriche e i disegni di Andrea Palladio” di Ottavio Bertotti Scamozzi, sono state aggiunte nell’Ottocento due ali.

Scrive Ottavio Bertotti Scamozzi “La nobilissima Famiglia de’ Conti Trissino dal Vello d’oro degnissimi discendenti dal celebre letterato Giangiorgio Trissino possiedono una Fabbrica eretta, come rilevasi da una medaglia, l’anno 1540 per la nobilissima famiglia Civena. … Qui corre voce che questa sia una delle prime Opere del Palladio; anzi l’Architetto N. N. la pubblicò, senz’alcuna riserva, per una delle sue invenzioni”.

Alla fine della lunga facciata del palazzo un parcheggio occupa l’intera zona dove sorgeva il teatro Eretenio, il teatro più bello della città, distrutto dal bombardamento nel ’44, quando in una notte Vicenza perse i suoi due teatri, e ancor oggi, alle soglie del terzo millennio i vicentini sono privi di un teatro.

Il teatro Eretenio era nato come un frutto felice dall’opera di due grandi artisti: il vicentino Ottavio Bertotti Scamozzi, che innalzò l’elegante facciata porticata e il veneziano Mauri.

Il teatro, inaugurato il 10 luglio 1784 con l’“Olimpiade” di Cimarosa era l’orgoglio della città, oltre che per la nobile architettura per gli spettacoli di lirica che vi venivano rappresentati con i cantanti italiani più famosi del tempo.

La sala, nata a ferro di cavallo, aveva quattro file di palchi finemente decorati in bianco e oro e un loggione sotto le vele, le nervature delle quali, decorate a fantasiosi arabeschi, convergevano verso l’ovato centrale, pure in bianco e oro, sostenuto da vittorie alate.

L’interno fu poi ristrutturato dai fratelli Meduna, gli stessi che lavorarono a Venezia, al teatro “La Fenice”.

La prosa era più rappresentata al teatro Verdi, in viale Roma, di più tarda costruzione ottocentesca: era il classico teatro a palchetti, la cui struttura doveva poi scomparire a favore della formula teatro a galleria.

E’ inevitabile a questo punto ricordare altri teatri vicentini antecedenti all’Eretenio, anche per rimarcare la vocazione della città per il teatro.

Il più antico teatro stabile dopo l’Olimpico ha origini anteriori al 1630.

In contrà Pescherie sorse il primo teatro “moderno”: il teatro delle Garzerie o di piazza, perché sorgeva sopra il Collegio dell’arte della lana, da cui prese il nome (garzare significava cardare la lana), in un’area compresa tra le Pescherie vecchie e l’odierna piazzetta Palladio.

In origine serviva solo come sala per commedie, intorno al 1655 fu trasformato in sala all’italiana con platea e alcune file di palchi.

La forma del teatro era quanto mai angusta perché lo stesso era situato al primo piano dell’edificio.

L’inaugurazione avvenne nel 1665 con “Angelica in India – historia favoleggiata con dramma musicale”, su libretto di Pier Paolo Bissari, accademico olimpico, ben noto a Venezia e conosciuto pure in Europa.

Fu sotto la guida del Bissari che il teatro di Piazza ebbe un momento di splendore per le rappresentazioni musicali che vi si tenevano. Nel dicembre del 1683 un incendio scoppiato nei magazzini delle garzerie devastò parte degli edifici vicini, compreso il salone per gli spettacoli.

Nel 1688 il teatro veniva ricostruito dall’architetto veneziano Marco Tommasini e decorato da Pietro e Giuseppe Paresanti.

La sala era ancora su pianta a U, con quattro ordini di 22 palchi ciascuno e prendeva il nome di “Teatro nuovissimo”; fu inaugurato con l’“Incoronazione di Dario” di Tommaso Freschi.

Il teatro aveva quattro ordini di ventiquattro palchi: in totale il numero dei posti era di 540 circa. Sotto il porticato si apriva un bar, situazione tuttora esistente.

Il nuovo teatro ebbe una vita splendida per oltre un secolo, con prime assolute di opere: vi venne rappresentato per la prima volta l’“Ottone in villa” di Antonio Vivaldi.

Nel Settecento il primato gli venne contestato dal nuovo teatro delle Grazie, e cominciò a perdere la sua importanza e, poco frequentato, iniziò il suo declino.

Ormai in stato di decadenza fu acquistato alla fine del secolo da alcuni nobili vicentini per costruire in altra sede, più nobile e ampia, il teatro Eretenio.

Ancor oggi il vecchio teatro delle Garzerie, adibito ad appartamenti è riconoscibile per il suo alto porticato e il timpano a conclusione dell’edificio.

Nella veduta campeggia la carena della Basilica palladiana e si elevano torri e campanili; svetta l’alta torre di piazza, e vicino si riconosce la torre del Tormento. Più a sinistra si riconoscono la cupola e le cuspidi della facciata del Duomo e, ancora più in là, il torrione di Porta Castello.

Bibliografia

  • R. Schiavo, A sipario aperto, Tip.Rumor, Vicenza, 1983.
  • E. Chiesa, Vicenza, città bellissima, Panda Edizioni, Padova, 1987.