Rione delle Barche con ponte romanico sul Retrone

(Elisanna Matteazzi Chiesa)

Rione delle Barche con ponte romanico sul RetroneLe Barche è un rione che conserva un fascino antico. A pochi passi dalla Piazza dei Signori, resta isolato dal centro cittadino e nei vicoli caratteristici dal sapore medioevale non c’è l’animazione delle strade vicine.

Rari i passanti, per lo più abitanti delle vecchie case o artigiani che aprono le botteghe sulle stradine dai nomi antichi: vicolo Retrone, vicolo Barche, ma gli uni e gli altri diminuiscono di numero, le botteghe chiudono e questo angolo caratteristico della città a poco a poco viene abbandonato, anche se un restauro degli anni ’80 aveva voluto riportarlo alla sua caratteristica di zona artigianale sul fiume Retrone.Prospiciente al fiume Retrone e, fino al secolo scorso, prossimo alla confluenza di questo con il Bacchiglione, tutta la zona in periodi di piena è soggetta a frequenti allagamenti, che avevano affrettato il degrado degli edifici ormai abbandonati.

Per la vicinanza con l’Isola, dove si trovava l’antico porto fluviale, fin dai tempi passati aveva presentato caratteristiche mercantili e artigianali.

Erano attive quelle manifatture, come le concerie e le filature, che occorrendo di scarichi e abbondanza di acqua, avevano trovato sede lungo i corsi dei fiumi.

Nella Pianta Angelica, la più antica prospettiva della città, la cui data risale al 1580, documento al quale si attinge ancor oggi per le notizie sulla planimetria della Vicenza cinquecentesca, è interessante vedere allineate lungo il corso del Retrone le ruote per lo sfruttamento delle acque.

Con la riforma idrica della seconda metà dell’Ottocento, per ridurre il pericolo degli allagamenti, l’acqua del Retrone fu fatta scorrere in un canale artificiale parallelo al corso del Bacchiglione e la confluenza dei due corsi d’acqua fu spostata più a sud, all’inizio della Riviera Berica.

In quell’occasione la quota stradale del rione era stata rialzata di circa un metro e mezzo, come risulta dall’altezza ridotta di alcuni portali. Del ponte è ben visibile l’impianto romanico dei tre archi.

Il ponte fu costruito probabilmente nell’alto medioevo, quando la città ebbe la sua prima cinta muraria, e per impedire, mediante una saracinesca, un possibile ingresso nemico in città.

Il nome Ponte delle Barche deriva dal fatto che vicino si trovava il porto dove i barconi scaricavano le merci trasportate per via fluviale, trovando poi ricovero per la notte.

La tipologia del quartiere risale dunque a età medioevale e ne conserva l’aspetto, pur con continue sovrapposizioni e sostituzioni attraverso i secoli.

Strette casette tipicamente popolari con porta d’ingresso laterale e due aperture ai piani superiori, caratteristica delle piccole abitazioni medioevali, conservata dal restauro dove è stato possibile, costituiscono il tessuto abitativo, al quale danno risalto costruzioni di più importante valore architettonico.

Di maggior interesse è l’edificio noto con il nome di Ospedale (ospizio) di San Valentino, un “centro” si direbbe ora, assistenziale dove i poveri, soprattutto i mendicanti senza tetto, passavano la notte, ma erano soprattutto i barcaioli in transito per il trasporto delle merci ad approfittare dell’alloggio notturno, dopo avere attraccate le loro imbarcazioni al porto, poco lontano.

La storia del palazzetto, che nella sua vetustà conserva ancora una sobria eleganza, è complessa: dell’originaria architettura medioevale rimangono segni esigui: originale è un tratto del cornicione a denti di sega in cotto, sul prospetto principale, l’intero cornicione è stato poi ricomposto interamente dal restauro, usando mattoni originali recuperati dalle pareti interne, ancora medioevali sono le finestrelle con i davanzali in pietra del sottotetto.

Al primitivo assetto dei piani inferiori, del quale non resta alcuna traccia, si sono sostituiti elementi gotici (le aperture del secondo e del primo piano) e seicenteschi dei quali i più vistosi sono il portale e il soprastante balcone della facciata.

All’esterno del portale rimane il segno del portale gotico e l’accenno della curvatura ci dà una precisa informazione del preesistente livello stradale.

Una curiosità sono il cavallino marino e le due facce umane scolpite nei capitelli gotici, ornamenti estranei all’ambiente architettonico vicentino.

E’ stata pure recuperata la quota stradale ed è stato portato alla luce lo scantinato con volte a botte in mattoni, risalente al primo impianto medioevale; durante lo scavo sono venuti alla luce due archi romanici, pure in mattoni, che sono stati mantenuti nella loro forma originale.

L’Ospedale di San Valentino, proprietà comunale è oggi adibito ad appartamenti di edilizia popolare: dà sulla piazzetta Barche, fino a poco tempo fa ben più ampia, oggi limitata da un moderno e discutibile condominio.

Questa costruzione ha fatto sparire i piccoli orti sull’argine del fiume, coltivati con amore dagli abitanti delle case della piazza: era un piccolo angolo di campagna, dove l’insalata e i pomodori si confondevano con le rose, vicinissimo alla Basilica palladiana. Purtroppo se ne sta perdendo la memoria e per questo abbiamo voluto ricordare i cavoli, il sedano e qualche fiore coltivati lungo il fiume, in pieno centro cittadino.

Dal fondo della mutila piazzetta si passa all’adiacente spiazzo, dove si affaccia un’altra interessante costruzione: tre belle logge sovrapposte, elemento estraneo all’architettura vicentina, ala di un semplice palazzetto con ingresso da contrà Barche, sede di un’ex conceria, con abitazione padronale.

Le logge, piacevole costruzione cinquecentesca venivano appunto usate per l’asciugatura delle pelli. Sconosciuto fino a pochi anni fa il nome dell’autore dell’interessante manufatto, Franco Barbieri ne ha assegnato la paternità a Domenico Scamozzi, padre di Vincenzo. Domenico, agrimensore, era venuto a Vicenza dalla Valtellina e vi aveva importato certi modi di costruire, e questo spiegherebbe la tipologia anomala per Vicenza del loggiato che dà alle Barche un tocco di originalità.

Un giro per queste quiete stradine, lungo la passerella che costeggia il lento scorrere d’acqua del Retrone, e sotto i passaggi tra una vecchia casa e l’altra, dove si aprono botteghe di antiquari e laboratori artigiani, è un momento che segna un tempo a ritroso che si ferma ai tre archi in cotto sostenuti da pilastri a grossi blocchi di pietra del ponte romanico.

Scultori e pittori si sono ispirati alle Barche, per il carattere un po’ magico del luogo. Lo scrittore Goffredo Parise, appena ventenne, vi ambientò il suo più significativo romanzo: “Il ragazzo morto e le comete”.

Era il primo dopoguerra, le Barche ridotte ad un agglomerato di case fatiscenti in stradine sconnesse e deserte, per il loro aspetto decadente suggerirono al giovane scrittore una storia di fantasmi che si muovevano in una vicenda onirica senza tempo.

Il quartiere continua ad attirare scrittori e artisti.

Non è raro vedere pittori con il cavalletto, i quali ai più noti monumenti cittadini, preferiscano gli angoli suggestivi delle Barche.

Una poesia, vincitrice nel 1987 del terzo premio al 3° Concorso di poesia dialettale, per le regioni dove è parlato il dialetto veneto, sul tema “Il patrimonio artistico del Veneto” ha cercato di cogliere l’anima del rione:

Se vado a le barche un logo un po’ sconto vissin a la piassa me par de tornare de colpo a l’indrio. Le strade xe chiete, la zente xe poca, le case ga tute i balconi fiorii. Nel Medioevo le gera za là e i barcaroli revà dal mare su par ’l Retron passava la note a l’“ospedale”: el se ciamava de “San Valentino” e i poareti ghe ’ndava a dormire. Su le logete de la conceria le peli distese se sugava a l’ombria. El fiume gaveva l’aqua ciara e neta, ne la piasseta e par le stradele se tegnea marcà. Ma ancò come zele? i le ga bandonà, nessun s’interessa del poro quartier; la piassa xe sporca el fiume malà. I ga verto boteghe de arti, de veci mestieri, ma chi le conosse? chi passa par le stradele cussì sconte e bele? forse un poeta o un sognator. La zente va via, no vole pì starghe e alora el rion se no l’è abità el xe destinà n’altra volta a morire. Jutele ste Barche, la xe roba nostra xe un toco de storia de sta bela cità tra il vecio ponte e quel venessian le Barche ga da vivere la so libertà.

Elisanna Chiesa

Bibliografia

  1. E. Chiesa, Vicenza città bellissima, Panda Edizioni, Padova, 1987. R. Schiavo, B.
  2. Chiozzi, Vicenza città nobilissima, Editrice libreria G. Traverso, Vicenza, 1993.