Bassano: veduta di piazza Libertà

di Giambattista VincoDaSesso

Bassano: veduta di piazza LibertàLa veduta di ampio respiro riprende la piazza da levante anziché dal tradizionale punto di vista di ponente: si vedano, per esempio, le famose stampe di Alessandro Dalla Via (1700) e di Marco Moro (1852).

Tutto concorre ad accordare armonicamente le architetture di varie epoche, anche il leitmotiv dei portici che fiancheggiano i lati settentrionale e occidentale e scendono, per via Portici Lunghi, verso il Porto di Brenta.

Piazza Libertà, ricavata nel Trecento colmando il fossato che in questa zona difendeva le mura della prima cerchia urbana, dette ezzeliniane, è il cuore di Bassano.

Le figurine, che Albanello coglie nella naturalezza dell’andare o del sostare e sapientemente distribuisce qua e là, diventano emblematiche della vivace animazione che di solito pervade questo luogo urbano, fin dal tempo della Serenissima centro dell’attività amministrativa e commerciale, sede di mercati e di manifestazioni popolari, politiche e folcloristiche.

Al mezzo, la pavimentazione scura di trachite è geometricamente scandita da una cornice ottagonale di pietra rosa di Verona, che ci conduce al fondo sul lato occidentale, a due significativi monumenti della storia e della religiosità bassanese: il Leone di San Marco e la statua di San Bassiano, protettore della città, un capolavoro (1682) di Orazio Marinali.

La toponomastica, si sa, cambia col variare delle vicende storiche, urbanistiche e naturali; così anche la piazza è stata nei secoli chiamata con nomi diversi.

All’origine Piazza del Comune o della Loggia, era detta nel Quattrocento così dalla Loggia che vi si affacciava e che vediamo sulla destra in primo piano.

La quattrocentesca mostra dell’orologio impreziosisce l’elegante facciata; il meccanismo ancor oggi funzionante fu costruito nel 1746 dal geniale Bartolomeo Ferracina.

Non sfuggono all’occhio acuto del disegnatore l’affresco di San Cristoforo che spunta a fianco del loggiato, e la piccola testa della Madonna, incorniciata alla giuntura degli archi, brano superstite del festoso paramento dipinto da Jacopo Bassano e rovinato da un incendio nel 1682.

Nel Settecento, in una sua parte, la piazza venne chiamata anche “dei Signori”; durante la dominazione austriaca “Maggiore”; con l’annessione al regno d’Italia “Vittorio Emanuele ll”; dopo la seconda guerra mondiale “Libertà” in ricordo della lotta di liberazione.

Imponente è la quinta architettonica delle case porticate dei Remondíni, che occupano tutto il lato settentrionale della piazza, sul perimetro della cerchia muraria detta ezzeliniana.

Qui, dalla metà del Seicento a quella dell’Ottocento, ebbero la loro residenza, la tipografia e la calcografia i famosi editori, che seppero diffondere la loro produzione in tutta Europa.

Nel magnifici appartamenti furono ospiti letterati, scienziati e artisti interessati all’attività editoriale e illustri personalità di passaggio come l’imperatore d’Austria Francesco I° (1815,1822, 1825) e lo zar di Russia Alessandro I° (1822).

Di fronte, sul lato meridionale, la chiesa di San Giovanni Battista, d’origine trecentesca, ci appare nel grandioso prospetto neoclassico assunto nella riedificazione progettata dall’architetto bassanese Giovanni Miazzi, nella seconda metà del Settecento.

L’attico e il frontone sono ornati di sette statue scolpite dal povese Antonio Bosa, buon seguace del Canova. L’agile campanile si data, almeno, al XV secolo.