di Giambattista VincoDaSesso
Tre presenze connotano la veduta che inquadra una parte della zona urbana chiamata dal Medioevo “contrà Rigorba” fino a quando cambiò nome in onore di Jacopo dal Ponte con la collocazione della bella statua che lo raffigura, capolavoro di Giovanni Fusaro.
Ed è questo il primo elemento che attira l’interesse dell’osservatore.
Promosso da un comitato sorto nel 1887, finanziato con una sottoscrizione pubblica, il monumento fu inaugurato il 22 ottobre 1893.
Venne innalzato in questa piazzetta, offerta da proprietari privati, dopo un acceso dibattito cittadino sulla sua ubicazione.
C’è poi da osservare il complesso edilizio che si affaccia, alla destra, sulla via e che è formato dall’ex convento di Santa Chiara e dalla sua chiesetta, oggi profondamente ristrutturati.
La chiesetta con l’annesso convento venne costruita, per iniziativa di un gruppo di Terziarie francescane tra il 1681 e il 1682, e dedicata a San Rocco.
Fu consacrata il 29 giugno del 1682 e in quello stesso giorno le terziarie vi presero l’abito e la regola di Santa Chiara.
Questo spiega perché nel 1736 il vescovo Baldassare Remondini la consacrò in onore di questa santa.
Più tardi, tra il 1754 e il 1772, venne affiancata alla chiesa una cappella progettata da Giovanni Miazzi con le stesse dimensioni della Santa Casa di Loreto.
Nel 1806 il convento, per effetto della legge napoleonica, fu soppresso e, una trentina d’anni dopo, acquistato da alcuni privati, assieme alla chiesetta che venne restituita per qualche anno al culto.
Nell’Ottocento il complesso venne trasformato e adibito a caserma; oggi è sede di vari servizi sociali.
C’è infine da ammirare la facciata raffinatamente ornata di stile lombardesco-bizantino del palazzo Lugo Vinanti, che qui appare solo a metà.
Committente ne fu il ricco e colto Ambrogio Lugo, che nel 1854 chiamò un architetto allora in voga a Venezia, Ludovico Cadorin, a progettare la sua nuova dimora sull’area del vetusto palazzo paterno demolito.
Nella decorazione della facciata il Cadorin usò abbondantemente il materiale laterizio, che curò nella scelta delle terre e nella cottura, le stesse di quelle adoperate nel Rinascimento. Il prospetto è ulteriormente impreziosito da marmi sulle cui venature l’occhio indugia.
Nella tipologia architettonica bassanese questo è l’unico esemplare che testimonia il gusto eclettico di moda alla metà dell’Ottocento.