di Giambattista VincoDaSesso
Tra cielo e fiume la città si distende dolcemente nel variare delle luci, delle ombre profonde e delle tenui penombre. Al centro, sorgono dalle acque e vi si riflettono le case della contrà Pusterla, oggi quieto quartiere residenziale, un tempo fervido luogo di molini da grano, folli da panni, frantoi di sassi per terraglia, torchi da olio, torcitoi da seta, azionati da ruote mosse dalla corrente.
La più antica e fedele immagine di questa che, all’epoca della Serenissima, era la zona protoindustriale di Bassano, favorita dall’utilizzo dell’energia dell’acqua, ci è data dalla pianta dapontiana (1583-1610 c.). I maggiori proprietari della contrada erano i patrizi veneti Priuli, qui presenti fin dal Cinquecento.
Avevano la loro dimora nel palazzetto – il primo da sinistra – ingentilito all’esterno da poggioli e da un loggiato, abbellito all’interno da cinquecentesche decorazioni a grottesca, ancor oggi godibili. Non gestivano direttamente l’attività molitoria ma tramite un gastaldo. Quando nel 1740 vendettero tutta la loro proprietà – case e molini – disponevano di undici “rode”.
Sulla contrada incombe dall’alto del colle il Castello con le mura merlate e le torri. Tra la rigogliosa vegetazione che ricopre il pendio si intravede a nord il torrione in cui nel Settecento venne collocata la canonica, il frontone della facciata del Duomo, la torre-campanile e più a sud, la massiccia Torre detta dell’Ortazzo.
Da questa, lo sguardo scivola attratto dai due cupi cipressi che sorvegliano la piazza del Terraglio, poi risale e curiosamente indugia su casa Passuello, arioso ed elegante esempio di architettura Liberty, che ci appare come un gioioso novecentesco pendant all’arcigna Torre dell’Ortazzo.
A lato, sullo sfondo, si alza possente la Torre Grande e si susseguono sulla distesa dei tetti, con minuscole emergenze, la cuspide del campanile di San Francesco e il timpano di San Giovanni coronato da statue. Altri tetti antichi e nuovi, finché i due campanili del Tempio Ossario ci avvisano che la veduta si conclude.
Più sotto scorgiamo l’elegante pronao di Palazzo Sturm e, più vicino a noi, il Ponte Vecchio che scavalca il fiume. Ora, incantati dal luccichio delle onde risaliamo senza fatica la corrente e, vinti da un richiamo irresistibile, approdiamo là dove ci attende fitto d’alberi e di mistero il parco che scende dal Castello sino al fiume. E’ un indugio felice dal quale, a stento, ci stacchiamo per allontanarci verso il paese di Pove e il sovrastante Monte Grappa, sacro alla Patria.