di Giambattista VincoDaSesso
A volo d’uccello, la veduta spazia da via Angarano alla Brenta, sulle cui acque si riflettono gli edifici della riva sinistra. L’imponente palazzo Bonaguro si inserisce nella cortina delle case affacciate sulla via e le domina.
Dove esso sorge, già nel Quattrocento esisteva una casa padronale, che nel 1574 venne acquistata dai veneziani Girolamo e Marco Veggia, fortunati mercanti di lana.
Per i lavori di ristrutturazione, essi ebbero probabilmente come direttore l’architetto Agostino Zamberlan, che era il loro perito di fiducia e ne ricavarono il monumentale palazzo, quale oggi ci appare, dotato di uno scenografico giardino, in parte ripreso nella veduta di Albanello.
Dai proprietari esso prese il nome di Ca’ Veggia.
Poco dopo la metà del Seicento la proprietà passò ai Querini, poi in altre mani, fino a quando nel 1848 pervenne ai Giaconi Bonaguro, dai quali trasse il nome ancora in uso; nel 1969 fu acquistato dal Comune che lo fece restaurare, per adibirlo a sede di mostre dell’artigianato bassanese e di esposizioni d’arte.
A est, dietro il palazzo si distende il tetto della famosa fonderia di campane Colbacchini, chiusa dal 1972.
Oltre il giardino dei Colbacchini, si annida il piccolo complesso formato dalla chiesetta di San Donato e dall’annesso conventino.
Di probabile fondazione benedettina, la chiesetta appare per la prima volta documentata nel 1157.
Il convento venne abitato dai Minori francescani, poi vi presero dimora una comunità religiosa femminile, quindi ritornò ai francescani.
La tradizione vuole che qui abbiano soggiornato San Francesco e Sant’Antonio di Padova in una cella che ancora oggi si mostra con venerazione.
La storia tramanda che il 5 luglio 1223, nella chiesetta, Ezzelino il Monaco, orinai vecchio, alla presenza dei suoi consiglieri, divise il patrimonio tra i due figli: ad Alberico toccò la parte di Bassano e Vicenza, a Ezzelino, che sarà poi detto il Tiranno, quella di Romano e Treviso.