di Giambattista VincoDaSesso
Viene qui rinnovata con un leggero spostamento del punto di vista, la tradizionale inquadratura della città e del Ponte Vecchio presi da sud.
Sullo sfondo del Grappa si profila la mole del Castello superiore, da cui declina gradatamente il centro urbano, fino alla sponda sinistra della Brenta.
Da questa il Ponte Vecchio si slancia per superare il fiume, sorretto da quattro stilate, di cui una è coperta all’osservatore dalla chioma dell’albero, sulla sponda destra.
Secolare e avventurosa è la storia del “bellissimo ponte di legno coverto”, come lo ebbe a definire Marino Sanudo, vedendolo nel 1483.
La prima sua notizia ci è data da un documento del 1209, ma la sua esistenza è certamente anteriore.
Situato ai piedi del Castello, nel punto in cui le rive del fiume sono più vicine, doveva essere fin dall’inizio in legno, secondo l’uso nordico.
La struttura lignea, elastica e non rigida come quella muraria, era più adatta a sostenere l’urto della corrente, in particolare delle famigerate “brentane”, che però più volte nel corso dei secoli lo distrussero.
Altre volte fu demolito da eventi bellici: nel 1511, durante la guerra di Cambrai, il generale francese La Palisse, in ritirata con le sue truppe dal Piave verso Milano, dopo aver qui passato la Brenta, per timore di essere inseguito dai Veneziani, ordinò di incendiarlo.
Altrettanto fece nel 1813 il viceré Eugenio Beauharnais, che si ritirava da Bassano con i suoi soldati. Durante la prima guerra mondiale fu colpito con poco danno dalla bomba sganciata da un aereo austriaco.
Alla fine della seconda il 17 febbraio 1945 fu parzialmente fatto saltare dai partigiani, il 29 aprile completamente distrutto dai tedeschi per proteggersi la ritirata.
Rifatto e inaugurato nel 1948, venne chiamato “Ponte degli Alpini”, per l’importante ruolo avuto dall’ A.N.A. nella ricostruzione.
Parecchie sono le immagini del ponte realizzate con tecniche diverse, dal disegno alla pittura e in particolare all’incisione.
La più antica, delineata in una mappa del 1557, lo rappresenta già coperto e con struttura lignea, sostenuto da cinque pile “a speroni”.
Dopo che una brentana nel 1567 lo distrusse, il Consiglio cittadino incaricò della ricostruzione Andrea Palladio, che lo “ordinò” con la struttura lignea poggiata su quattro piloni e con la balaustrata.
Accese polemiche suscitò la riedificazione condotta nel 1751 da Bartolomeo Ferracina, ingegnere della Serenissima, che rivestì di travi la struttura lignea fino alla balaustrata e ripropose il motivo del poggiolo-belvedere centrale.
Rivestimento e poggiolo vennero eliminati nella rifabbrica del 1821, per restituire al ponte la forma palladiana.
Nel ripristino del 1948, si reintrodusse il motivo del poggiolo centrale.
Ammirato perché fatto di legno, coperto, armonioso nell’architettura, il ponte, celebrato anche da una famosa canzone popolare, è diventato il monumento simbolo della città di Bassano.