di Giambattista VincoDaSesso
Questa veduta ci restituisce l’incanto di un angolo del Giardino Parolini, con il prato luminoso e, sullo sfondo, il fiabesco intrecciarsi di tronchi e rami di pini, lecci e allori.
Al centro apre i suoi petali di candido marmo un “Fiore” scolpito dal bassanese Danilo Andreose (1922-1987).
Il Giardino fu ideato e realizzato dal naturalista Alberto Parolini (1788-1867), che fin da giovane si era appassionato alla botanica sotto la guida dello scienziato concittadino Giambattista Brocchi.
Dopo aver frequentato l’università di Padova e il suo famoso Orto botanico, nel 1805 egli cominciò a trasformare il giardino, che ornava la casa paterna, in un vero e proprio orto botanico.
Dispose secondo un preciso progetto le piante raccolte nelle escursioni e nei viaggi compiuti in Italia, in Europa e in Asia Minore.
Particolarmente importante fu il viaggio del 1817 in Inghilterra, perché al ritorno egli avviò la radicale trasformazione del Giardino secondo la concezione inglese, che mirava a ricreare la spontaneità della natura.
Numerose piante egli poté avere tramite scambi con studiosi o con altri Orti botanici; parecchie egli stesso fece nascere da semi acquisiti in diversi luoghi.
Così, anno dopo anno, arricchì il Giardino di maestose conifere, di felci rare ed esotiche, di esemplari della flora alpina e di quella mediterranea, di alberi, cespugli ed erbe provenienti dai vari continenti e talora coltivati in Italia per la prima volta.
Fu il caso del famoso “Pino paroliniano”, sconosciuta varietà segnalata e importata da Parolini nel 1819 dall’Asia Minore.
Al suo massimo splendore il Giardino (di cui nel 1834 lo Steffaneo disegnò con precisione la pianta) contava più di 3.000 specie, elencate in un catalogo che fu mandato agli studiosi di tutta Europa.
Antonietta, figlia del grande botanico, che condivideva la passione del padre, dopo la morte di questo arrivò a 3.200 piante.
Scomparsa Antonietta, il Giardino si avviò ad un progressivo impoverimento dovuto all’abbandono della coltura di specie ornamentali e di pregio scientifico.
Nel 1908 venne donato al Comune e dal 1930 usato come parco pubblico.
Cinquant’anni or sono fu in parte mutilato per consentire l’allargamento della via intitolata al Parolini.
Oggi le specie arboree presenti sono ridotte ad un centinaio, per un terzo spontanee del nostro territorio, per due terzi introdotte da paesi extra europei.
Nella veduta, si scorge tra gli alberi l’ingresso del Giardino affiancato da due colonne tronche, secondo la moda del rovinismo romantico.
Un altro tocco pittoresco è dato, sullo sfondo, dalla torre angolare della cerchia trecentesca.