Video Venezia a 360 gradi

La Venezia che Guido Albanello ha realizzato, su progetto di Gilberto Padovan, con straordinaria perizia tra la fine del ‘900 e l’avvio del nostro secolo costituisce la più imponente e dilatata veduta della città che sia mai stata realizzata.

L’opera supera infatti in lunghezza gli 11 metri e vanta così dimensioni quasi quattro volte superiori alla Venetie MD che Jacopo de’ Barbari realizza proprio nell’anno d’avvio del XVI secolo e che da allora è stata considerata, almeno sino a questa, come il maggiore capolavoro della cartografia veneziana.

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I sette fogli di Albanello si impongono anzitutto per la qualità finissima del segno ma anche per l’originalità dell’inquadratura, in cui si fondono la veduta a volo d’uccello e una più moderna concezione “panoramica”, che si svolge per  360°: solo in questo modo è stato possibile mostrare, con la città, anche la laguna circostante, fornendo così la soluzione a un problema che ha ossessionato per centinaia d’anni buona parte del vedutismo sulla città di San Marco.

Ora possiamo davvero scorgere la Venezia del nostro tempo, la sua inconsumabile bellezza: vediamo la città più artificiale del mondo ma avvertiamo allo stesso tempo che essa è interamente naturale: per la sua luce, per l’acqua che la corrode e la fa risplendere. Forse proprio per questo Venezia è uno degli specchi più efficaci della nostra modernità.

Nell’opera di Guido Albanello sono riconoscibili le tracce più profonde della memoria figurativa del Novecento: da Sargent a Boccioni, da de Chirico a Klee, da Vedova e Music a Congdon, solo per citare i nomi di alcuni protagonisti, il XX secolo ha saputo indagare e rappresentare scorci della città marciana mai in precedenza considerati.

Albanello è riuscito però a riunire l’esito di quegli sguardi e, con uno sforzo appassionante, con una prova di visionario coraggio, li ha trasfigurati in un complessivo e originale disegno. Non c’è più bisogno, infatti, di mostrare ormai una Venezia sognata ed eloquente, come nel vedutismo sette e ottocentesco, perché l’intima verità del luogo, in cui si fondono costantemente il progetto e il ricordo, è sufficiente a dare spazio ai nostri sogni. La fedeltà del segno di Albanello è in sostanza la premessa necessaria a ogni futura interpretazione della realtà urbana della Dominante.

Egli ha impiegato tecniche di raffigurazione apparentemente superate dall’avvento dell’aerofotografia, delle rappresentazioni satellitari, di infiniti processi di digitalizzazione; ha dimostrato invece come l’occhio e la mano dell’uomo siano ancora in grado di cogliere, ben più di un satellite o di un computer, il genius loci, l’essenza stessa che si cela nelle millenarie stratificazioni di una città come Venezia.

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