Monte Pasubio: baluardo invitto della Grande Guerra del 1915-1918

In occasione del Centenario della Grande Guerra del 1915-1918, abbiamo pubblicato, in tiratura limitata,  una grande stampa d’epoca, su carta d’arte, di cm. 55×102, che ritrae il Massiccio del Pasubio subito dopo la costruzione del Tempio Ossario nel 1926.

 
Mauro Passarin

Tra il monte Pasubio e la Grande Guerra c’è un legame talmente profondo da spingere a pensare che il primo esista perché è stata la seconda a generarlo. Un paradosso certo. Ma un paradosso non così lontano dalla verità se è vero che, in questo luogo, la traccia della presenza umana si percepisce in ogni lembo del suolo e rappresenta una delle più tragicamente ricche esperienze di vissuto, passate e presenti. Esse sono il risultato della

presenza di un’umanità che per quasi tutti i 41 mesi ha popolato e sfruttato in maniera intensiva un territorio che mostra ancora oggi quei segni, assurti a qualcosa di più di una forma visibile. E’ possibile forse affermare che quella del Pasubio sia stata una delle più grandi battaglie combattute in montagna; quel che è certo è che l’impiego di una così grande massa di uomini e di mezzi, a supportare l’offensiva o a garantire la difesa su un territorio impervio e pressoché privo di risorse, testimonia di un’epopea tremenda e ostinata che in alcuni casi superò ogni possibilità di umana sopportazione. Il sacrificio di migliaia di uomini e di intere popolazioni toccò livelli così alti che quella memoria divenne, negli anni successivi, patrimonio di un tradizione che ha assunto caratteri di immortalità. Oggi nel monte Pasubio: la Strada delle 52 Gallerie, la strada degli Eroi, le gallerie Papa ed Ellison, il camminamento Ghersi e la Selletta Comando, che di quella vicenda sono, non solo tecnicamente ma anche culturalmente, le espressioni più importanti, hanno assunto il significato del vertiginoso sovrapporsi della Storia sulla Natura. Fu proprio questa la premessa all’eccezionale ruolo strategico che questo luogo ricoperse durante la Grande Guerra, diventando quella che secondo la definizione di un combattente fu “la montagna più accanitamente contesa fra tutte sul fronte alpino”. Tra la fine del maggio 1915 e il successivo dicembre, le truppe italiane, contestualmente alla progressiva ritirata delle esigue forze austro-ungariche, occuparono l’intero massiccio del Pasubio, arrivando a breve distanza da Rovereto. Simile avanzata, compiuta in un settore al quale era stato affidato un compito strettamente difensivo, si fermò davanti alla linea di massimo arretramento prevista dagli Imperiali. Linea dalla quale gli austro-ungarici, il 15 maggio 1916, sferrarono la grande “Offensiva di Primavera” destinata a passare alla storia col termine di “Strafexpedition”. Cominciava esattamente in questo momento l’epopea del Pasubio. Nel volgere di pochi giorni la battaglia si trasferiva prima sul Col Santo e successivamente sulla sommità del monte. Sul versante occidentale gli Austriaci riuscivano ad impadronirsi quasi per intero dell’Alpe di Cosmagnon e del ciglione Lora-Sogi. Al centro degli schieramenti lo scontro si stabilizzava su due sommità rocciose che torvamente si fronteggiavano: fino a quel momento sconosciute e prive di nome e che diverranno celebri come Dente Italiano e Dente Austriaco. E furono proprio queste due alture, l’una accanto all’altra, a diventare il tragico simbolo del Pasubio; quella a nord, all’altezza di 2.206 metri, chiamata allora “piana austriaca” e quella a sud, all’altezza di 2.236 metri, conosciuta come “piana italiana”. Da allora il Pasubio divenne il protagonista di una grandiosa vicenda storica che non trova paragoni sull’intera fronte tridentina e che trasformerà la montagna in quella che un combattente austriaco non esitò a definire “la caldaia delle streghe”. La straordinaria immagine di un Pasubio “a colori” realizzata nel 1926, dove anche il riposo nel Sacello Ossario del colle Bellavista dei soldati caduti sembra essere in armonia con il paesaggio, ispira un senso di grande pace e riflessione, in uno dei luoghi dove la densità della morte ha toccato livelli che hanno cambiato il significato stesso della montagna.

OSSARIO DEL PASUBIO