La storia della “Rua”

Testo originale (1760) tratto dal volume:

Architettura di Andrea Palladio, vicentino, arrichita di tavole diligentemente incise in rame, con le osservazioni dell’Architetto N.N. (cioè Francesco Muttoni) e con la traduzione in inglese. Tomo Nono. In Vicenza, dalle stampe di Giorgio Fossati, architetto ec. MDCCLX. Con la licenza de superiori, e privilegio.

Descrizione nella Parte
Delle Fabbriche Inedite di Andrea Palladio
Tav. V

Macchina Trionfale che si suole portare ogni anno in Vicenza nella Processione del S.S.Sacramento nel giorno solenne del Corpus Domini, detta volgarmente la Ruota.

Benché potrebbe dirsi che non fosse del mio assunto del fare la Storia di certe cose particolari, che da me si riferiscono in quest’opera, la quale dovrebbe circoscriversi alla sola materia di Architettura, intorno alla quale ho intrapreso di ragionare, mi faccio lecito ad ogni modo, e mi prendo la libertà d’inserire certe notizie, che da me non credute affatto superflue ed inutili, potranno forse dar piacere a que’ tanti, che le hanno per lo addietro ignorate.

Non sarà certamente senza forti ragioni, che la Città di Vicenza abbia preso l’uso di fare nel giorno solenne dedicato alla memoria del Corpo di Nostro Signore, sotto il nome del Corpus Domini, una Processione quanto più si è potuto immaginare divota e pomposa, portando in essa una Macchina con sopra la divisa in figura di Ruota, la quale nella sua altezza sopravanza la sommità de’ più eccelsi Palazzi. Ne’ sarà stato pure senza ragione, che il nostro Palladio, che nulla faceva a caso, l’abbia delineata.

Della origine di questa sacra funzione varie sono le tradizioni, per lo più popolari, cioè a dire non sostenute da fondamento que’ tempi, ne’ quali tra Vicentini e Padovani passavano implacabili nimistà, occorse che li Vicentini stanchi finalmente di più tollerare le insolenze degli inimici, si risolvettero un giorno di liberarsene.

Colta pertanto la congiuntura, che in un certo giorno li Padovani uscirono dalla Città con illoro Carroccio, com’era l’uso, alcuni de’ Vicentini lo assalirono, e toltane una Ruota, lo lasciarono inabile al moto, e trasportarono la preda fatta, trionfanti alla Patria.

Altri sostengono, che i Vicentini essendo stati sottomessi da’ Padovani, sdegnarono tale soggezione, e pensarono di sottrarsene in qualche gloriosa maniera. Due Cavalieri pertanto, l’uno della famiglia Bissara e l’altro della Verlata s’incaricarono di un’impresa ugualmente ardita, e generosa per liberare la Patria.

Fattisi capi d’uno scelto Drappello di amatori della libertà, si incamminarono armati verso la Città di Padova, sforzarono le guardie, entrarono nel Palazzo di quel Tiranno, lo uccisero, e lo gittarono dalle finestre. Ritornando così gloriosi a Vicenza furono incontrati da vari corpi di persone uscite dalla Città per fare applauso a que’ Vincitori.

Ciascheduno di que’ Corpi era preceduta da qualche emblema allusivo alla condizione di quegli abitanti. Tra gli altri che più si distinsero fu quello dell’Università de’Signori Notaj rappresentato da una Ruota ed alcune lettere iniziali dell’Alfabeto, la quale poi in rendimento di grazie al Dio degli Eserciti, fu destinata a portarsi ogn’anno processionalmente nel giorno Corpus Domini per la Città di Vicenza.

Si vuole però da molti, che l’uso di condurre per la Città da tutti li Corpi, che la componevano, nella Processione di tal giorno qualche Insegna particolare, sia stato molto più antico.

In tanta oscurità di cose tanto poco sicure, se ne’racconti, che si sanno potesse trovarsi qualche scintilla di verità, certa cosa è, che bisogna crederle succedute molto prima, che le due mentovate Città fossero sotto il felice Dominio della Serenissima Repubblica di Venezia, appresso la quale è incognito il nome di Tirannia.

Non è però improbabile l’attribuire la Ruota di cui si tratta, alla Nobile Università de’ Signori Notaj, come a quella, che ne’ suoi impieghi distribuisce di tempo in tempo gli uffizj in giro, di notato con le lettere dell’Alfabeto A. B. C. D. E. F. & C. Può anche aggiungersi, che nell’Archivio di detti Signori si legge qualche memoria in tale proposito a loro favore.

Quello che abbiamo di certo si è, che il Palladio fu l’Autore del disegno dell’Obelisco presente; e che è sempre lo stesso, benché ogni tre anni sia rinnovato, per quello spetta al renderlo decoroso.

Passo dopo ciò alla spiegazione de’ Geroglifici rappresentati da figure viventi di Giovanetti, e Donzelle, nelle due Tavole seguenti.

A. La Fama alata collocata nella sommità con bandiera spiegata.
B. La Giustizia con la spada, e le bilancie.
C. Uomini vestiti all’Eroica armati di lancia, e di scudi, ne’ quali si rappresentano le Armi delle più cospicue Famiglie della Città, allusive alla librazione della Patria.
D. Uomini simili sopra Cavalli.
E. Sei Sedie pensili equilibrate in modo, che sei Donzelle sedenti non si scompongono punto, benché la Ruota sempre vada in giro.
F. Piede della Macchina, dentro il quale furono molte Trombe, che fanno eco alle voci giulive de’Giovanetti, e Donzelle, che co’loro Viva, Viva acclamano ora una, ora l’altra delle Famiglie impresse nelle Arme delli scudi. Tutta la Macchina è dipinta, e dorata ne’ bassi rilievi, e negli stucchi rappresentanti Geroglifici, Schiavi e militari Trionfi.