Storia dell’iconografia a stampa e 36 vedute della città di Vicenza

Guarda le 36 vedute della città di Vicenza

Renato Zironda

Le vedute di Vicenza costituiscono tutt’oggi motivo di orgoglio da parte della città che, privata di una tradizione pittorica legata al vedutismo come la non lontana Venezia, si è dovuta “adeguare” alle belle vedute di Cristoforo Dall’Acqua del 1780 e poi a quelle del secolo successivo di Marco Moro, che volle dare alle stampe prima l’ “Album di Gemme architettoniche della città di Vicenza” del 1847, mettendo in evidenza i principali monumenti architettonici, poi l’album di vedute “ e suoi “Vicenza e suoi dintorni” del 1850. Meno importanti per la veste editoriale e per il numero di litografie, ma non da meno, sono gli album di Pietro Chevalier del 1828, del Martinolli del 1833, Dell’Alverà-Perottini del 1834, del Cecchini-Alverà del 1835. Non mancano certo le immagini di vicenza del’600 e qualche sparuta, ma alquanto significativa, impressione cinquecentesca. A raffigurare la città berica, alla fine del secondo millennio, sono le trentasei vedute di Guido Albanello, eseguite a china, su progetto, ed edite dall’editore Gilberto Padovan. I disegni originali della collezione sono stati esposti in una mostra, per la prima volta, a Vicenza nel Museo Palladio di Porto Barbaran Da Porto. L’Editore, a sua volta, ci ha abituati da circa trent’anni a questa parte, ad edizioni particolari, non certo commerciali, come i volumi di araldica relativi agli stemmi dei vescovi vicentini e la poi riproposizione del “Blasone Vicentino” di Sebastiano Rumor, del quale ha riedito, nel 1999, la “Bibliografia storica del 1916 con le due aggiunte del 1924 e del 1936, in una superba veste editoriale. E’ del 2000 la raccolta in un volume delle diciannove vedute di Bassano, presentate nel 2002 nella città bassanese nel contesto della mostra curata dal Museo, a Palazzo Agostinelli, relativa alle diciannove vedute originali e titolata, appunto, “ La città in punta di china”. Fa seguito la mostra sui ”Panorami di Verona nella storia”, tenutasi nella protomoteca della Biblioteca Civica della città, nel 2002. Non poteva mancare ovviamente Vicenza, per la quale Gilberto Padovan ha raccolto in un unico volume, in formato atlantico, le trentasei vedute dell’artista Guido Albanello, tutte accompagnate da un commento di Elisanna Matteazzi Chiesa e precedute da un contributo storico di Renato Zironda, relativo alla Vicenza attraverso le vedute a stampa in volume, aggiungendo, in appendice, la descrizione di qualche altra veduta non ancora catalogata: dalla vedutina di Vicenza della tavola fuori testo, raffigurante i santi e beati vicentini, edita prima del primo volume dell’ “Historia ecclesiastica del Barbarano del 1649, a quella della prima metà del Seicento nella impressione dedicata dalla confraternita dell’Angelo a Eleonora Valmarana Thiene forse a mo’ di ex voto. Proprio nel bas de page di quest’ultima si trova una veduta della piazza dei Signori, analoga a quella apparsa nel Barbarano, da cui differisce sostanzialmente nella pavimentazione della piazza. Da quelle seicentesche si passa a quelle ottecentesche del duo Corti-Gallieni della seconda metà dell’Ottocento, come quelle relative ad un opuscolo scritto per le celebrazioni palladiane ottocentesche, edito in lingua tedesca con alcune vedute di Vicenza del tutto singolari, come palazzo Chiericati, ripreso con uno scorcio del palazzo del Territorio el’interno del teatro Olimpico. Ritornando in merito all’editore Gilberto Padovan e alla sua impresa, destinata a consacrare la città di Vicenza, si può dire che essa si colloca con nobiltà fra le opere dallo stesso create finora. La minuziosa esecuzione artistica dei trentasei disegni di Guido Albanello, nel contesto dell’opera, fanno pensare a un neo illuminismo vicentino per quanto riguarda l’iconografia a stampa. Nel volume Elisanna Matteazzi Chiesa, per ogni veduta , propone un commento, non soloper il lettore vicentino, ma anche per il forestiere, come a volerlo accompagnare per mano alla scoperta della città di Vicenza. E qui la signora Chiesa non intende assumere la veste della studiosa d’arte, bensì di una donna che dimostra amore per la città in cui vive e racconta, con animo dolce, la storia dei luoghi più significativi così come, forse, si propose Ottavio Bertotti Scamozzi nel suo Forestiere Istruito, scritto in forma dialogica e dato alle stampe, in forma anonima, nel 1761. Infatti nei commenti scritti a mo’ di narrazione, delucida chiaramente e con passione il luogo rappresentato, sia che ci si trovi davanti alla magnificenza di palazzo Chiericati sia lungo ponte Pusterla. Il commento è spesso legato alla spiegazione dell’etimo come quello di contrà Chioare, che deriva dai chiodi, a cui si appendevano i panni, oppure del Bacchiglione, attestato in alcuni documenti del decimo secolo e non poteva non soffermarsi sul fiume che, proprio a ponte Pusterla, fa ingresso nella città di9 Vicenza. Circa palazzo Chiericati, dal 1855 sede del Museo Civico di Vicenza, la chiesa spende alcune righe per illustrare la bellezza del palazzo palladiano e, con molta onestà che merita di essere riconosciuta, rinvia alla bibliografia che, per ogni commento di veduta, è posta in fine al testo e coperta dalla stampa dell’incisione, in formato più ridotto appositamente, per essere inserita nel volume. Dell’opera palladiana la chiesa spiega che cosa oggi si conserva dentro il Museo: nel primo piano alcune opere antiche, unitamente alla collezione Pozza – Quaretti composta, quasi del tutto, di opere contemporanee, nel secondo piano accenna alle opere del Memling e del Van Dyck e di altri capolavori, conservati per dono o per lascito al Museo cittadino proprio come è consuetudine leggere nelle guide del passato. Altro momento è quello legato agli “orti” del Vescovo unitamente a quelli di Villa Circoli ai tempi di Gian Giorgio Trissino. Qui la narratrice fa riflettere sul significato del termine “orto”, inteso in senso latino e sugli spazi verdi che la città berica conserva , dove oggi, a causa dell’inquinamento, non ci sono più uccellini e farfalle che si posano sugli alberi. Ancora suggestiva la narrazione che accompagna la veduta relativa al quartiere delle Barche, in cui la signora Chiesa narra l’origine storica del quartiere e invita il potenziale visitatore e osservatore a conoscerlo anche attraverso una poesia scritta dalla narratrice stessa, vincitrice del premio di poesia in dialetto veneto nel 1987. Infine ciò che connota i disegni di Guido Albanello, è l’aver inserito nella serie di vedute non solo i palazzi o gli scorci più significativi, secondo la tradizione di Cristoforo Dall’Acqua e di Marco Moro, ma aver ripreso secondo il gusto antiquario, particolari che non rientrano nella tradizionale iconografica della città. Ecco così raffigurato e raccontato il complesso che fa capo a edifici sacri quali Santa Caterina, San Felice, San Pietro, Santa Maria del Carmine (Carmini), Sant’Agostino, San Marco: è questo il gruppo che costituisce la pars magna delle vedute, seguito da quello dei ponti come quello di Santa Croce, e il già citato ponte Pusterla, i parchi come il giardino Vamarana – Salvi o parco Querini, e le piazze. Ovviamente la città è ripresa secondo la sua evoluzione storica, anche se Guido Albanello si concede poche, ma sottili licenze artistiche, togliendo certi inestetismi architettonici e abbellendo con elementi naturali. Il volume ha un’impostazione grafica del tutto particolare e potrà riservare sorprese, soprattutto per quanto concerne il testo scritto; ma lasciamo ai fruitori il gusto di apprezzarlo nel suo complesso dato che, in certi aspetti, ricorda i libri antichi, grazie al timbro a secco e l’acronimo GPE (Gilberto Padovan Editore) , come usavano i primi tipografi del secolo XV. Inoltre chi avrà modo di sfoglioarlo, apprezzerà kle vedute piegate a fisarmonica proprio come accade sovente nei volumi settecenteschi; basti pensare al volumetto che ricorda l’evento della Corsa delle slitte dei nobili vicentini, svoltasi nel 1784, pubblicato nel medesimo anno con il testo di Giacomo Leoni e i versi di Arnaldo Tornieri. Ma anche i volumi di architettura non mancano di tali sorprese come Le fabbriche e i disegni di Andrea Palladio raccolti e illustrati da Ottavio Bertotti Scamozzi, edito a Vicenza, per i tipi di Giovanni Rossi, nel 1796. Inoltre Gilberto Padovan, nell’attuale panorama culturale, come un editore contro corrente o meglio sui generis, proponendo le trentasei vedute sciolte così come fecero, a suo tempo, sia Cristoforo Dall’Acqua sia Marco Moro. Sulla stessa strada di Marco Moro si colloca lo stesso Gilberto Padovan, il cui operato sarà certamente giudicato, a nostro parere, positivamente dai posteri.