Un volume di pregio, nel quale sono raccolte tutte le tavole relative all’arte orafa, contenute nell’ Encyclopédie.
L’Encyclopédie come manifesto della nuova mentalità illuminista
Sapere e saper fare, conoscenza razionale e conoscenza pratica rimasero nettamente distinte nell’antichità e nel Medioevo. Le arti meccaniche, contrapposte alle arti liberali indirizzate al puro sapere, furono considerate per molto tempo, in quanto esercizi che implicavano uno sforzo materiale, inferiori a queste ultime. “l’arte meccanica” fu definita da Ugo Da Sanvittore come “una forma di conoscenza che abbraccia i metodi di fabbricazione di tutte le cose” ma, per l’attività manuale che implicava, fu considerata a lungo come un’occupazione riservata agli uomini di condizione servile da cui i nobili e gli ecclesiastici dovevano rifuggire. Le cose cominciarono a cambiare nel basso Medioevo con la nascita dei Comuni, quando le corporazioni dei mestieri affermarono il proprio potere nel mondo urbano e rivendicarono al lavoro un valore sociale. Si cominciò allora a considerare il lavoro non più solo come una fatica necessaria ad adempire il peccato originale, ma sempre più come un’abilità propria dell’uomo, una necessità dettata dal bisogno di guadagnarsi la vita, ma anche un’opportunità in grado di produrre un miglioramento della condizione umana nel mondo terreno.
In età moderna, i progressi della scienza e della meccanica rivoluzionarono il rapporto esistente fra le conoscenze teoriche e la loro applicazione pratica. Da questa evoluzione prese slancio ancora nel Seicento il progetto di un sapere rivolto all’utilità.
Durante il regno di Luigi XIV, Colbert aveva commissionato all’ ”Accademia delle Scienze” un’indagine sulle arti e mestieri. Su questa linea intesa ad unificare conoscenze teoriche, tecniche e operative nacque, nella seconda metà del Settecento, il progetto dell’ Encyclopédie.
“Enciclopedia o dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri” è il titolo dell’opera forse meglio rappresentativa dell’ Illuminismo, movimento culturale di orizzonti europei. Il primo volume uscì nel giugno 1751, e nel 1772 fu pubblicato l’undicesimo volume di tavole con cui si intendeva concludere l’opera, ultimata in realtà nel 1780 con sette volumi di supplementi, di cui due riservati alle tavole analitiche. All’ Enciclopedia, la prima grande impresa editoriale di tipo moderno, noi dobbiamo riconoscere il metrito di aver sostenuto un’efficace propaganda a favore di un ampliamento degli spazi umani sia dal punto di vista intellettuale che pratico.
Se il Settecento fu il secolo dell’affermazione della borghesia e degli inizi del modo di produzione industriale, l’ Enciclopedia fu il manifesto della nuova mentalità che si diffuse nel XVIII secolo, una mentalità per l’appunto borghese, razionalista, inneggiante al progresso, utilitaria e riformatrice.
L’opera fu realizzata con il contributo di centotrenta redattori che, sotto la direzione di Denis Diderot, collaborarono a riunire organicamente nel Dizionario l’intero edificio delle arti e delle scienze utilizzando ricerche, contributi e pubblicazioni precedenti. In particolare, una parte delle incisioni relative alle arti e mestieri ricalcava i modelli elaborati da Réaumur per l’Accademia delle Scienze.
Nella trattazione delle scienze e delle tecniche, l’ Encyclopédie portava a compimento uno dei tratti più innovativi del pensiero illuminista. La filosofia pratica dei Lumi si concretizzava così nell’indagine dei fenomeni e dell’unità organica della natura, cogliendo il legame delle cose fra di loro ed ordinandole secondo lo “spirito sistematico” per usarle, all’occorenza, nel migliore dei modi possibile.
“L’industria umana, applicata ai bisogni della natura per bisogno, lusso, divetrtimento o curiosità, generò le scienze e le arti”, scriveva Diderot nell’articolo intitolato all’arte. Il mondo della materia e delle sensazioni, anche alla luce di verità solo probabili o verosimili, diventava teatro della creatività umana, luogo d’incontro di scienza e tecnica, ragione e lavoro, attività speculativa e società civile, ambito di espressione dell’immaginazione geniale.
Non a caso la parte più nota e interessante dell’Enciclopedia è quella dedicata alle tecniche. Sollievo dalle fatiche, sono considerate come strumento di trasformazione della realtà, valorizzate in quanto utili e direttamente necessarie all’uomo, ammirate perchè prodigiose. Poco importa allora che Diderot non abbia fatto nient’altro che dare alle stampe i risultati di inchieste e rilevazioni che si limitavano a rispecchiare le informazioni correnti nelle botteghe degli artigiani del tempo, e che sono quindi per molti versi legati a una concezione delle tecniche già allora, a volte, antiquata.
L’Encyclopédie rimane comunque un affresco sui modi di produzione esistenti alla vigilia dei rivolgimenti prossimi ad affermarsi insieme con l’economia industriale. E furono informazioni assunte superando con abilità l’ostacolo frapposto alle inchieste dalla diffidenza degli artigiani legati ai vecchi regolamenti di difesa dei segreti da curiosità estranee, sia pur sostenute da interessi scientifici e prospettive culturali. Così raccontava Diderot, nel Prospectus, di aver dovuto pazientemente emendare e correggere le informazioni sbagliate o inutilizzabili: “Ci siamo rivolti ai più abili artigiani di Parigi e del regno. Ci siamo preoccupati di andare nei loro opifici, interrogarli, scrivere sotto loro dettatura, sviluppare i loro pensieri, trovare termini adatti ai loro mestieri, tracciare le relative tavole e definirle, parlare con quelli da cui avevano ottenuto appunti scritti e, precauzione quasi indispensabile, correggere in lunghi e ripetuti colloqui con alcuni ciò che altri non avevano spiegato a sufficenza, oscuramente, a volte senza fedeltà”.
Tecnica e arte come conoscenza pratica e produzione di cose belle aprivano nuovi spazi alla sensibilità umana e a una nuova economia.
L’arte degli orefici, sublime magia della lavorazione dei metalli nelle antiche canzoni medioevali, trovava allora una prestigiosa collocazione.