36 vedute di Vicenza

 

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(Prefazione a cura di Lionello Puppi)

Pensare a Vicenza fissata attraverso le vedute, bisogna necessariamente ricorrere al ’700 sia  per le incisioni di Cristoforo Dall’Acqua, sia perché il secolo XVIII è quello che fa assurgere ad arte anche l’attività incisoria fosse essa di invenzione come di traduzione.

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Per dirla con il Lanzi il ’700 è il “secol del rame” 1 ed è il capitolo elettivo per l’acquaforte veneziana con nomi come Luca Carlevarijs, Marco Ricci, Antonio Canal detto Canaletto, Bernardo Belleotto, Alessandro Longhi, Giovanni Battista e Gian Domenico Tiepolo, Giovanni Battista Piranesi, nonché Francesco Guardi e le loro rispettivi opere pittoriche 2 .

Tuttavia tra il ’500 e il ’600 Vicenza è più facilmente collegabile con le proiezioni che di essa vengono date attraverso i dipinti del secolo XVI di Marcello Fogolino si pensi alle due predelle  per pale d’altare una conservata a Santa Corona e una nella chiesa di San Francesco Nuovo ora ricoverata presso il Museo Civico di Palazzo Chiericati 3.

Oppure alle opere di Giambattista e Alessandro  Maganza nei cui dipinti a soggetto mariano legati a Monte Berico, Vicenza appare racchiusa dentro le mura,e all’opera di Francesco Maffei  raffigurante la Vergine che appare alla venerabile Vincenza Pasini 4 .

Se il Maffei fa trait d’union tra ’500 e ’600 non vanno però sottaciute le raffigurazioni di Vicenza attraverso le tarsie marmoree dell’altare maggiore di Santa Corona per opera della bottega del fiorentino Francesco Antonio Corbarelli e dal figlio Domenico 5 narranti la storia della santa Spina donata a Vicenza dal Luigi IX re di Francia al beato Bartolomeo da Breganze vescovo di Vicenza, e la vicenda dell’apparizione della beata Vergine Maria a donna Vincenza da Sovizzo, più nota come Vincenza Pasini, dando vita al culto di Monte Berico 6.

L’artista coronava così le due vicende più significative della spiritualità vicentina,  inserendole nelle tarsie dell’altare  della chiesa dei domenicani nel contesto della città berica  sempre presente nelle raffigurazioni marmoree.

Entrando nel merito dell’argomento relativo alle vedute di Vicenza attraverso le stampe, non mancano testimonianze, come quella edita nel 1525 a Venezia nell’opera di Giovanni Battista Dragonzino da Fano in cui parte delle mura con Porta Feliciana, la facciata del Duomo, la carena della Basilica palladiana e la torre dell’Orologio, appaiono assemblati quasi a dare una visione sintetica di Vicenza7.

Quanto invece alla Vicenza del Rolennwinck del 1480 e del Foresti del 1535 non si tratta che di vedute fantastiche, senza nessun riferimento alla città reale8. Bisogna però giungere al 1604 per avere una immagine di Vicenza più particolareggiata e aderente alla realtà, con l’incisione che appare nella seconda edizione dell’ Historia di Vicenza di Giacomo Marzari edita a Vicenza da Giorgio Greco9. Qui la città appare vista con un taglio a volo “d’uccello”10 e ripresa da Porta Lupia.

Colpiscono le mura che racchiudono la città abitata e tagliata in due parti dal fiume Bacchiglione. Si intravedono in questa veduta numerosi pinnacoli di chiese, oltre alla centralità della Basilica palladiana con la piazza lastricata, la Loggia del Capitanio, l’abside della Cattedrale e ancor più i torrioni di quattro porte della città. Quella del Marzari è senza dubbio la prima veduta di Vicenza reale.

Non a caso Franco Barbieri sostiene che la veduta  generale di Vicenza apparsa nell’opera del Marzari è ripresa dallo stesso punto di vista utilizzato ottant’anni prima dal Fogolino nella predella della pala di San Francesco Nuovo.

Vicenza viene ripresa e vista da uno sperone del Berico e stretta dentro il triangolo delle mura cittadine 11. A questa che è la più importante nell’ Historia del Marzari seguono altre vedute raffiguranti il ponte San Michele,e ruderi di acquedotti e di un teatro antico, e si conclude con la facciata della casa del Pigafetta 12.

Sempre nel ’600 e precisamente nel 1649 esce a Vicenza, sulla scia degli Annales di Cesare Baronio, per i tipi del vicentino Cristoforo Rosio la Historia ecclesiastica della città, territorio e diecese di Vicenza del cappuccino Francesco Barbarano de’ Mironi in sei tomi tra il 1649 ed il 1762; i primi tre uscirono nella seconda metà del ‘600 vivente l’autore e gli altri tre postumi 13.

I tre iniziali riproducono nel relativo frontespizio rispettivamente la pianta complessiva della città berica, la veduta di Piazza dei Signori e l’arco delle Scalette che conduce a Monte Berico14. Del tutto ignorata risulta, invece, la piccola veduta di Vicenza che appare alla pagina 17 del primo tomo.

L’immagine piegata in tre parti raffigura un’edicola religiosa con ai lati i vari santi  di Vicenza rappresentati a mezzo busto e al centro pone uno squarcio della città una porta, una parte delle mura, il fiume Bacchiglione, il tutto funge da sfondo alla rappresentazione dei primi santi protettori della città, raffigurati a immagine intera: Prosdocimo, Leonzio e Giovanni Cacciafronte a sinistra e i martiri Leonzio  e Carpoforo a destra. Sovrasta la città l’immagine a mezzo busto di Maria con il Bambino.

L’incisione, che ha un chiaro intendimento apologetico com’era nella consuetudine dell’epoca post conciliare, ha la funzione di redigere l’indice dei santi e beati vicentini con il relativo calendario liturgico. Inoltre essa ebbe a godere di un forte successo popolare, poiché è dedicata al vescovo Dionisio Dolfin, vescovo di Vicenza dal 1606 al 1625, mentre il primo tomo del Barbarano è dato alla luce nel 1649, è dunque sicuro che la stampa fu inserita dopo.

A conferma di quanto scritto e a dimostrare la popolarità della stampa, è il vicentino Bonifacio Pergola sodale della confraternita del Gonfalone e che pone la stampa come elemento di decoro nel manoscritto da lui stesso datato 1612 e in cui descrive oltre alle vite di molti santi, la processione del 1610 nel centro della città, dando descrizione degli apparati posti nei palazzi del centro di Vicenza in occasione dell’incoronazione della statua della Vergine presente nell’Oratorio del Gonfalone 15.

La stampa dunque è sicuramente ante 1610-1612 e il Pergola va individuato in un stretto collaboratore di Francesco Maffei l’esecutore non solo del dipinto raffigurante San Vincenzo che regge il modellino della città di Vicenza, ma anche dei grandi lunettoni apologetici dei vari podestà che Venezia inviava a Vicenza 16.

Altra veduta di Vicenza fino ad ora ignorata, è quella che appare in un manifesto sempre a soggetto sacro della prima metà del ’600, commissionato della confraternita dell’Angelo Custode per ricordare  Eleonora Valmarana Thiene appartenente al sodalizio suddetto che aveva sede presso la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo.

Nel riquadro centrale è raffigurato l’angelo custode seguito da un sodale e, in lontananza, la cacciata del demonio. Sullo sfondo della scena si intravede una parte della città di Vicenza: Porta Feliciana, Porta Lupia, la carena della Basilica Palladiana e la torre dell’Orologio.

All’iscrizione centrale, segue l’incisione della Piazza dei Signori che trova il suo archetipo in quella presente nel Bar­barano, e ripresa poi dal Coronelli e dal Salomon. La veduta diverge da quelle sopra menzionate per i personaggi che passeggiano nella piazza e la descrizione del pavimento della stessa 17.

Con queste vedute si chiude la stagione figurativa vicentina secentesca, affidando al ’700 l’incarico di consegnare Vicenza nell’ambito del vedutismo non solo in area veneta. Se la città berica non ebbe pittori come Antonio Canal detto il Canaletto, Bernardo Bellotto e altri citati all’inizio, che immortalarono la città di Venezia colta in vari aspetti, sia nei dipinti come nelle opere a stampa, queste ultime servivano da canale divulgatore delle prime, ebbe però in Cristoforo Dall’Acqua il massimo esponente dell’incisione a Vicenza.

Nella sua multiforme attività, egli ha legato il suo nome al blocco delle undici vedute di Vicenza più due relativa al Teatro Olimpico non edite in volume 18 e riproducenti rispettivamente: piazza Biade e una parte di Piazza dei Signori, parte di Corso Palladio ripreso dall’Isola, Vicenza vista da San Biagio, da Piazza del Duomo, dal Quartiero, da casa dei nobili Piovene, segue la prospettiva della Piazza Grande, la veduta di Monte Berico con portici, la veduta di Porta Castello e quella del Giardino Salvi.

A parte, per la singolare tipologia che sembra uscire dagli schemi soliti di queste undici incisioni, sono le due relative alla gradinata e al frons scenae del Teatro Olimpico davanti al quale sono raffigurati dei presunti visitatori in stretta relazione con le altre vedute esterne e che, a nostro parere, erano inserite nella serie, poiché non poteva certo mancare il teatro del Palladio; anche se la Vicenza di Cristoforo Dall’Acqua non è certo volta ad immortalare le opere palladiane, bensì è intesa a dare un quadro quasi teatrale della città. Dalla serie va esclusa, invece, la veduta generale della città stampata su due rami dopo il 1780. Tutte le vedute sono accompagnate da didascalie con relativo numero in cifra arabica.

Le prime quattro incisioni hanno una cornice a drolerie con putti volanti e in alto al centro presentano dentro riquadro, scene di vita privata. Negli angoli inferiori la prima (tav.XIV) rappresenta figure di soggetto mitologico, mentre altre due incisioni (tav.XV e XI) hanno vedutine dentro cornice fogliacea, un’altra (tav.XII) presenta due rapaci alati e dal lungo becco. Le altre vedute, invece, presentano una cornice più lineare interrotta da soggetti decorativi a carattere floreale.

E’ forse la difformità della decorazione di cornice che ha fatto supporre ad una serie diversa di vedute, pensata dal Dall’Acqua e poi non realizzata, in realtà la cornice riflette i gusto della decorazione delle stampe remondiniane.

Ciò non toglie la freschezza che si nota nelle vedute in cui la città è riprodotta a lunghe fughe “a cannocchiale”: la città è sempre brulicante di personaggi, valga per tutte piazza Biade con il teatrino di burattini e gli astanti che guardano, mentre non molto distante un gruppo di persone disposte a semicerchio assiste ai giochi di un probabile prestigiatore.

La stessa Basilica Palladiana nella prospettiva della Piazza dei Signori (tav.XIII) è popolata da personaggi che si notano tra le arcate del loggiato inferiore come in quello superiore che danno sull’attuale piazzetta Palladio.

Oppure altrettanto significativa la veduta di Porta Castello con l’arrivo della Rua e relativo corteo; ogni ripresa sembra essere un piccolo teatrino dimostrando così un gusto, secondo Licisco Maga­gnato, che si accosta ai dipinti del Longhi e tale giudizio crediamo sia da confermare.

D’altro canto Cristoforo Dall’Acqua si era formato dapprima a Bassano presso la tipografia dei Remondini sotto la guida di Giovanni Volpato 19 e in seguito a Venezia presso la calcografia di Giuseppe Wagner e poi di Giacomo Zatta 20.

Nato a Vicenza nel 1734 da Valentino Dall’Acqua e da Aurelia Zorzè, egli lavorò in ambito veneto, ma ebbe contatti con architetti del Nord Europa come dimostrano le stampe di progetti architettonici dell’architetto Scanagam di Edimburgo. E inoltre benché avesse lavorato a Venezia essa era pur sempre la città principale della Repubblica Veneta che se anche in epoca di decadenza, era stata comunque la “capitale” della cultura europea.

Il Dall’Acqua morì a Vicenza nel 1787, lasciando in eredità le sue vedute in particolare quelle legate a Vicenza e stampate presso i Remondini nel 1764 nel cui catalogo editoriale appaiono senza il nome dell’ incisore: ”Pontada di dodici magnifiche vedute e prospettive del Palladio esistenti nella città di Vicenza” 21, mentre in quello del 1772 si legge: “Una pontada di 12 rami di foglio imperiale grande e finissimi neri rappresentativi le più vaghe prospettive del Palladio nella città di Vicenza” e nel catalogo del 1778 si legge: “Una pontada di 12 rami per traverso.

Le migliori prospettive dei palazzi  del Palladio, e piazze di Vicenza disegnate ed intagliate da Cristoforo Dall’Acqua” 22. Pertanto le undici vedute di Vicenza del Dall’Acqua furono stampate tra il 1764 e il 1778, mentre nulla toglie che una prima serie sia stata stampata ante 1764 e completata entro il 1772. Nella città berica l’ incisore poté contare anche sulla produzione di un nuovo torchio  per dare alla luce stampe anche in formato “imperiale”. Fu creato dal meccanico Giovanni Battista Trecco coadiuvato da un ingegnere vicentino 23.

E’ altresì necessario far presente che le migliori produzioni del Dall’Acqua sono le illustrazioni delle opere del Metastasio e quelle della Divina Commedia eseguite per l’editore Zatta e risalenti agli anni  1782-1784 24.

Giova far presente che nel frattempo a Vicenza erano state date alle stampe per i tipi di Francesco Vendramini Mosca nel 1779 il testo – guida titolato Descrizione delle architetture, pitture e scolture di Vicenza curato dal mansionario della Cattedrale Pietro Baldarini con la collaborazione di Enea Arnaldi per l’architettura, Orazio Vecchia per la scultura e Lodovico Buffetti per la pittura. Il Baldarini fu preso ad esempio dallo stesso Luigi Lanzi anche se lo stigmazzò quasi ironicamente definendolo“perito professore” senza farne il nome nella sua Storia pittorica 25.

L’edizione pubblicata sotto forma di anonimato, apparve con un antiporta proprio del Dall’Acqua raffigurante Vicenza attraverso un vero capriccio palladiano, poiché elude ogni presenza di strutture gotiche e la proposizione dei principali monumenti architettonici di Vicenza 26.

Sempre del noto incisore vicentino sono le incisioni che appaiono nella ristampa del volume susseguente a quello testé citato dato alla luce nel 1780 per la stamperia Turra dal titolo Il Forestiere istrutto nelle cose più rare di architettura e di alcune pitture della città di Vicenza arricchito di trentasei tavole incise in rame il cui autore è in realtà, Ottavio Bertotti Scamozzi che già l’aveva pubblicato nel 1761 e che sarà poi ristampato nel 1804; le ultime due edizioni del testo sono in forma dialogica 27.

Ebbene tutte le tavole sono firmate da Cristoforo Dall’Acqua ovvero dal massimo esponente vicentino nell’ arte dell’incisione.

Nell’arco di due anni, dunque, uscirono ben due opere-guida di carattere artistico a Vicenza, premettendo che il Bertotti Scamozzi pubblicò, nel frattempo, per i tipi del vicentino Francesco Modena tra il 1776 e il 1783 Le fabbriche e i disegni di Andrea Palladio 28, In entrambe le guide si avverte la necessità di tal genere, perché oramai l’opera del Boschini del 1676 si era resa insufficiente, come lo stesso editore della ristampa del Forestiere scrive:
“ […] E’ nostra idea di accennare in quest’Opera unicamente i pezzi degni d’osservazione, indicandogli ai luoghi opportuni; e perciò si sono ommesse (sic) a bello studio le pitture inferiori. Dopo che il Boschini ha stampato il suo Libro, il nostro paese è stato adornato di varie pitture di eccellenti Maestri, verbi grazia, del Piazzetta, del Balestra, del Rizzi, ecc., che meritano anch’esse d’essere studiate da chi aspira farsi un qualche nome in quest’Arte.[…]”.
Anche nella guida del Baldarini, l’editore circa le pitture, fa presente la necessità di un aggiornamento scrivendo nell’introduzione:
“[…]Ed in ciò abbiamo bensì avuto sotto gli occhi, nelle Pitture che ancora esistono, il picciolo Opuscoletto del celebre Boschini, divenuto omai (sic) rarissimo; ma notabilissime Aggiunte ci abbiamo ancor fatte, mediante la graziosa e lodevole assistenza di degni Soggetti, intendentissimi di quest’Arte[…].”

I rami che apparvero poi nell’opera del Baldarini, furono ripresi nel 1823 nel volume stampato a Padova dal titolo Notizie statistiche della Regia città di Vicenza. Ignorato dai più 29, il testo nacque probabilmente per fare ordine dopo la bufera napoleonica, fissando così le principali opere pittoriche e architettoniche della città berica come si avverte nel foglio di sottoscrizione:
“I quattro Fascicoli che si sono pubblicati comprendono le Notizie Statistiche della regia Città di Vicenza. Molte cose non vi sono indicate che succintamente, perché la Statistica non tende che ad accennare i punti principali, sui quali si deve fissare l’attenzione degli studiosi. Basteranno però le cose dette fin qui per far conoscere qual posto eminente occupi Vicenza fra le altre città d’Italia […]”.

Nel volume infatti vengono indicati alla voce Abitazioni i dipinti più importanti presenti a Vicenza con il luogo di ubicazione e l’autore 30.

La voce si conclude sottolineando che a Vicenza “meritano poi una singolare menzione le gallerie Vicentini e Balzi Salvioni 31, ricche, particolarmente quest’ultima, di opere dei primi pennelli di tutte le Scuole”. In conclusione al volume c’è la voce Ortografia delle diverse e più distinte fabbriche esistenti tanto in Vicenza che nel di lei circondario esterno, in cui  sono riprodotti i rami degli edifici presenti nella guida dell’editore Vendramini Mosca, con annotazioni sintetiche 32 .

Come si può dunque evincere, Vicenza godeva del prestigio di collezioni private collocate in gallerie per quanto riguarda la pittura ne parla ampiamente la guida del Baldarini caso non unico è quello di Palazzo Conti il cui inventario pervenutoci risulta essere ben più ricco di quanto ci fanno notare nella guida storico-artistica il trio di autori coordinati dal suddetto Baldarini 33.

Oltre alle due gallerie summenzionate, esisteva pure quella di Paolina Porto Godi, mentre per quanto riguarda le stampe non mancavano le gallerie apposite come quella di Giampaolo Marzari, di Chiara Ghellini Sangiovanni e di Carlo Balzafiori e di cui si parlerà in altra sede in modo più specifico e adeguato circa le raccolte di stampe.

Qui preme sottolineare che tutte confluiranno nell’unica collezione una volta inaugurato il Museo Civico nel 1855 ad eccezione di quella della famiglia Balzi Salvioni la cui consistenza e destinazione non è nota e di quella del Balzafiori che giungerà in dono al Museo nell’ottobre del 1868.

Oltre a ciò va segnalata la collezione di Giampaolo Marzari perché costituita non solo di stampe sciolte ma anche di album tra cui oltre a quelli dei Sadeler, pure album di disegni tra cui i 68 autografi di Orazio Marinali (in realtà di Antonio De’ Pieri), ma le attribuzioni necessitano di una verifica.

Si deve altresì far presente che tutte queste gallerie erano accompagnate sempre da una ricca e consistente biblioteca il cui patrimonio librario giunse per dono alla biblioteca civica Bertoliana di Vicenza, analogamente al secentesco museo Gualdo di cui sono note le opere d’arte, ma non l’inventario della biblioteca annessa al detto museo e che speriamo di dare alla luce quanto prima 34.

Merita a tal proposito far notare come fosse cresciuta la consapevolezza dei cittadini di Vicenza e come si fosse venuta a creare una coscienza civile verso la città. Non più collezioni dunque che mettevano in risalto la grandezza di una singola famiglia, bensì la volontà di dare lustro e prestigio alla città.

Tutto questo fervore era dovuto anche alla donazione nel 1838 dei disegni di Andrea Palladio al comune di Vicenza da parte del veronese Gaetano Pinali che li donò affinché fosse acquistato Palazzo Chiericati per costituirvi il Museo Civico.

Nel frattempo in tutto questo fervore l’abate Antonio Magrini benemerito erudito vicentino e studioso di cose d’arte, il 26 novembre del 1854 sollecitò la Congregazione municipale a trasferire i disegni di altri architetti vicentini presso la costituenda Pinacoteca di Palazzo Chiericati in modo da formare una raccolta omogenea e oltre al corpus dei disegni di Ottone Calderari, donati grazie ad Alessandro Trissino, sollecitava l’unione di altri autografi quali quelli di Vincenzo Scamozzi, di Enea Arnaldi, di Orazio Capra e di Giuseppe Sorio ai quali si aggiungeranno ben presto quelli di Bartolomeo Malacarne, di  Giovanni Picutti di Carlo Barrera e di altri 35: costituire quindi la Vicenza del Palladio e delle architetture non solo palladiane.

E non a caso nel 1830 uscì la Guida di Vicenza di Giovanni Battista Berti, nella quale l’autore recupera e ripropone all’attenzione del fruitore i rami degli edifici architettonici apparsi nella guida del Baldarini e Nelle notizie statistiche della Regia Città di Vicenza, scrivendo nell’introduzione che preferì tra “[…] tanta copia di bello mi piacque far scelta dell’ottimo, e guidare così il viaggiatore di mano in mano da un capo d’opera all’altro, lasciando in sua libertà di soffermarsi a piacere eziandio  in quelli ch’io guardo quai secondarj. Si sa, che Vicenza, come afferma l’insigne Palladio, era sino da quei’ tempi piena di nobilissimi intelletti, e di ricchezze assai abbondante; che vi si vedevano assai bellissime fabbriche, e molti vi sono stati gentiluomini studiosissimi dell’Architettura: e queste bellissime fabbriche, delle quali io poche ne annovero nella mia Guida, si conservano tuttavia in onta al volger de’ secoli; il perché non cesserebbe Vicenza dall’esser ricca  abbastanza, anche senza la immensa dovizia che l’è poi derivata per opera di quel sommo Maestro, e pegli studi solerti de’ saggi suoi imitatori. […].”

Il Berti, dunque, nella sua guida scelse quello che considerò “ottimo”, operando una scelta del tutto personale.
Nel frattempo si andava affermando la litografia altra tecnica d’incisione che in area veneta trovò una felice affermazione e diffusione 36.

In questa sede merita far presente che nel 1833 circa, uscì l’album del pittore veneziano Antonio Martinolli dal titolo Raccolta di dodici principali vedute di Vicenza, raffiguranti rispettivamente Piazza de’ Signori, vista dal lato delle colonne e dal lato opposto, ponte San Paolo e San Michele, la contrada del quartiere, l’ingresso a Campo Marzio, Campo Marzio, il ponte di Campo Marzio, il santuario di Monte Berico, la Rotonda, l’ingresso a Campo Marzio, la veduta del ponte di Campo Marzio sul Retrone e in qualche edizione più completa anche la ripresa di piazza dell’Isola con palazzo Chiericati.

E’ pertanto probabile che l’edizione completa, comprendente altre due vedute quella del Corso e del Bacchiglione visto da Ponte degli Angeli, sia effettivamente esistita come fu annunciato. Una cosa è certa, al di là delle polemiche sorte tra l’incisore e l’editore Giacomo Boschetti, ovvero che con le sue vedute, il Martinolli diede attenzione ai ponti di Vicenza e all’area di Campo Marzio, nonché ad una Vicenza mutata in alcuni aspetti architettonici e urbanistici come il caso del quartiere di Porta Nova 37.

Non fu da meno l’album che precedette o uscì contemporaneamente con quello del medico vicentino Andrea Alverà dal titolo Le principali vedute di Vicenza e suoi dintorni con illustrazioni storiche edito dalla tipografia vicentina Tremeschin nel 1834.

L’album dell’Alverà presenta otto vedute dei principali  monumenti cittadini disegnate da Pietro Pala e incise da Giovanni Perottini che si presentano  in veste di editori dell’opera, in cui oltre ai principali monumenti  di Vicenza, si dà attenzione a ponte Pusterla, a ponte di Campo Marzio sul Retrone, a ponte Furo. Nel 1835 uscì l’album stampato a Padova dell’ingegnere e architetto veneziano Giovanni Cecchini (1804-1879) dal titolo Il bello materiale della città di Vicenza e de’ suoi dintorni disegnato dal vero e in litografia da Gio.

Battista Cecchini con illustrazioni del dott. Andrea Alverà vicentino per l’editore podovano Giacomo Boschetti, comprensivo di sette vedute di Vicenza e una riproducente villa Rambaldo sui colli Berici e la pianta della città di Estore Lanzani 38.

Tra cui la non comune veduta dell’attuale piazza delle Erbe titolata “Le pescherie vecchie”, la Piazza esterna a porta Castello, il ponte di Campo Marzio sul Retrone, il ponte di San Michele sul Retrone, i portici e la chiesa di Monte Berico, la veduta di porta Monte e quella della chiesa di San Lorenzo, l’album dimostra  forse per la presenza dell’ Alverà, molte affinità con quello del Cecchini, poiché vengono riproposti spesso gli stessi luoghi, sia pur presi da punti di vista diversi, come ad esempio Piazza delle Erbe, ponte di Campo Marzo sul Retrone, Porta Castello, la chiesa di San Lorenzo e porta Monte 39.

L’urgenza di dare alle stampe opere quasi simili, nasce forse dal fatto che non solo i viaggiatori stranieri immortalavano alcuni monumenti di Vicenza nei loro taccuini di viaggio, ma dal fatto che nel 1828 il litografo e incisore Pietro Chevalier dava alle stampe per l’editore padovano Gamba l’album titolato Di alcuni principali edifici e situazioni delle provincie venete.

Cenni descrittivi e prospettici schizzi, disegnati ed incisi da P. Chevalier, in cui figurano ben sei incisioni raffiguranti rispettivamente: la Basilica di Vicenza, la Rotonda, l’arco e ingresso al campo Marzio, la piazza dell’Isola, la chiesa di San Lorenzo e il santuario di Monte Berico 40.

La Vicenza cara agli stranieri è invece quella ripresa nella stampa dell’inglese litografo e pittore Samuel Prout (1783-1852) e raffigurante Piazza dei Signori dal lato delle colonne con una folla pittoresca che anima la piazza: sarà questo l’archetipo che troverà maggior fortuna nella stampe degli autori  non solo stranieri lungo tutto l’Ottocento 41.

A Vicenza segna una svolta in questo ambito Marco Moro nato a Zenson di Piave (Treviso) il 9 dicembre 1817, studiò presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, affermandosi per la sua abilità nel disegno e nella prospettiva.

Occupò tutta la sua vita all’attività di litografo consegnando alla storia attraverso le sue litografie, molte città non solo del Veneto tra cui Venezia, Vicenza, Padova, Treviso, Trieste, cittadine come Recoaro o le principali località del Friuli. Morì a Venezia il 25 aprile del 1885 42 . 

Nel 1847 fissò in un volume di vedute, i principali palazzi e altre strutture architettoniche di Vicenza e provincia, titolando il testo Albun di gemme architettoniche di Vicenza con la collaborazione di Giulio Pullé.

Lo scopo dell’opera, che come è stato scritto, sembra ricalcare quella del trio veneziano Cicognara, Diedo e Selva dal titolo Fabbriche più cospicue di Venezia (1815-1820), non è affatto quello di essere una guida analogamente alle opere di cui si è accennato, ma come scritto da Giulio Pullè nell’introduzione, sembra quasi avere oltre ad un intento apologetico, la necessità di rendere ancora più magnifica la città di Vicenza:
“[…] Chi non conosce i palazzi di Vicenza? Chi non venera questo ricco e pomposo museo architettonico dove sorgono ad ogni passo i maestosi concetti di Palladio, di Scamozzi, del Carderari. Quale fra gli stranieri cultori o dilettanti dell’arte non bramerà possederne i disegni ed averli dinnanzi a se per alimento della mente e diletto degli occhi? Quale italiano infine non vedrà con senso di compiacimento diffondersene la raccolta per vanto del nome comune? E sia pur lode eterna a voi, o Vicentini, che i vostri concittadini architetti  avete conosciuti ed apprezzati nel tempo in che poterono giovarvi! Lode a voi che volgeste a lustro e profitto della patria ciò che prima che d’altri era vostro, e adoperaste l’opera di que’ prodi a decoro del luogo che diede ad essi la culla! Voi non seguiste già lo sconoscente e barbaro costume di tant’altri municipi italiani, i quali tollerarono che i valorosi loro concittadini errassero in balia dell’avento a limosinar l’altrui pane![…] Ed ora i figlioli che lasciaste colgono il premio del senno che vi guidò, perché la loro patria vedono segno dell’ammirazione degli stranieri, e nel muovere il passo per le ampie e stupende sale, e nell’entrare le ornate soglie esclamano con senso di giusto orgoglio: qui tutto è nostro, arte, artefici, materia e fama! […]”.

Marco Moro nel 1847 pubblicò l’Album di gemme architettoniche e nel 1850 Vicenza e suoi dintorni 43 in cui fa rivivere Vicenza “vivace, colta nel clima dell’epoca e negli aspetti di vita quotidiana”.

Non solo ma nell’Album del 1850 si vogliono immortalare gli edifici principali e più noti di Vicenza ovvero le “gemme” non solo della città berica, mentre nel volume di trentuno vedute sia di Vicenza che della provincia – sono privilegiate cittadine come Bassano, Recoaro, Lonigo e Valdagno, – le piazze e i ponti fanno da primo piano unitamente ai singoli monumenti architettonici.

In quest’ultimo volume Marco Moro riprende a lunghe fughe “a cannocchiale” le principali piazze di Vicenza: piazzetta delle Biade, piazza delle Erbe, piazza dei Signori, piazza dell’Isola e piazza esterna di Porta Castello.

Ad esse fanno seguito la riproduzione in litografia sia della chiesa di San Lorenzo con l’area antistante più spaziosa e popolata, e, per la prima volta nella vedutistica vicentina, la chiesa di Santa Corona vista dall’attuale corso Palladio e anch’essa popolata e non in primo piano come avrebbe fatto nell’Album e la stessa osservazione può essere fatta per la stazione ferroviaria e, valga per tutte, la veduta di Monte Berico dove la Basilica la si intravede solo molto lontana come pure i portici del Muttoni.

Per un confronto più esplicito si vedano la Basilica Palladiana nell’Album e la piazza dei Signori e delle Erbe nelle vedute del 1850, oppure Palazzo Chiericati nella litografia dell’Album e piazza dell’Isola del volume dato alla luce tre anni dopo. Infine singolari sono le vedute dei ponti visti sempre in lontananza e con squarci particolari e originali: ponte San Michele, i mulini al ponte degli Angeli, il Retrone visto dal ponte di Porta Lupia e ponte Pusterla 44.

Innanzitutto è necessario sottolineare la continuità che esiste tra Cristoforo Dall’Acqua e l’opera di Marco Moro soprattutto quella del 1850: entrambi mirano a fissare la città di Vicenza in vedute dove il “soggetto” architettonico è inserito nel contesto della città berica.

Tra i due incisori, ribadiamo, sembra esserci una continuità, soprattutto se si confrontano le vedute del prospetto del Teatro Olimpico popolate entrambe di personaggi o visitatori, fatta eccezione per il soffitto a velario che appare nella litografia ottocentesca.

Certo il Dall’Acqua rimane l’incisore per eccellenza, poiché Marco Moro nelle sue vedute non solo non ripropone la città brulicante di cittadini che pur sono raffigurati, ma manca di “vivacità”, assumendo un tono quasi di distacco volendo rappresentare Vicenza quasi in senso filologico, mentre nelle sue vedute il Dall’Acqua riesce a coinvolgere maggiormente il potenziale spettatore.

La stessa tecnica della litografia sembra quasi renderle più “fredde”, ma si è oramai sempre più vicini alla nascente fotografia. Non a caso nel secolo XX è la litografia dei Busato a riproporre alcune significative vedute di Marco Moro con la tecnica litografica 45.

E’ tuttavia lecito riconoscere che il binomio Moro e Pullè diede alla luce un’impresa monumentale per la città berica. L’Album edito a Venezia, presenta ben 49 fascicoli suddivisi in più tavole riproducenti i principali palazzi della città e del territorio, oltre ai relativi spaccati, piante e disegni architettonici 46.

L’Album dovette godere di un tale successo che si trovò ad avere ben due riedizioni, una romana già conosciuta del 1859 per l’editore Antonio Privato 47, e una prima ancora nel 1856 per i tipi dell’editore vicentino Antonio Barbaro che fino ad ora era stata ignorata 48, come forse sconosciute erano le vedute sia dell’Album che della Vedute che venivano vendute sciolte in busta apposita.

Si deve riconoscere che il denominatore comune tra i due principali incisori vicentini, Cristoforo Dall’Acqua e Marco Moro, le guide artistiche, le donazioni di pitture e di stampe al Museo Civico, è non solo fissare la città nelle immagini, ma far accrescere la forte consapevolezza della bellezza artistica della città.

Una consapevolezza che si avverte nelle quattro vedute della città berica di Corti e Gallieni quattro acciai editi in occasione del 1880 del terzo centenario della morte di Andrea Palladio ed ecco la Piazza dei Signori con la Basilica con le luminarie sotto le arcate inferiori e in primo piano la parte inferiore della torre Bissara, la stessa serie prosegue con piazzetta Palladio e il monumento omonimo eretto dal Gajassi nel 1861.

La serie continua con le scalette l’Arco delle Scalette di Monte Berico e si conclude con la facciata antistante il piazzale della Basilica di Monte Berico.

Il nucleo di vedute del binomio Corti–Gallieni fu senza dubbio eseguito dopo la memoria eretta al Palladio nella piazzetta omonima in occasione del cambio del toponimo da piazzeta della Rua in piazzetta Palladio 49. Interessante far notare che la statua è circondata da una inferriata bassa e lavorata come era consuetudine nella seconda metà del secolo XIX.

Sapendo poi che il monumento fu eretto nel 1861 le quattro stampe conservate sciolte e apparse nella stampa locale e quindi ritagliate e inserite in una guida ottocentesca, non possono che far pensare che furono stampe eseguite o in occasione dell’erezione del monumento palladiano oppure nella circostanza del quarto centenario della morte dell’illustre architetto.

Di quest’ultima circostanza sono altre quattro vedute fino ad ora ignorate apparse in un opuscolo celebrativo in lingua tedesca dato alle stampe nel 1882. Sono raffigurati  l’interno del Teatro Olimpico dove sembra si reciti una tragedia e con il soffitto a velario 50, segue la veduta di Palazzo Chiericati compreso il lato che dà sull’attuale corso Palladio e la piazza antistante il celebre palazzo è gremita di folla con personaggi appartenenti a vari ceti sociali.

La veduta è del tutto singolare perché mette in primo piano l’angolo del palazzo del Territorio con uno stemma e dei lacerti scultori inseriti, mentre sullo sfondo opposto al Corso, le abitazioni collegate a Palazzo Chiericati già all’epoca sede museale, dove spicca il pinnacolo del campanile della chiesa dimessa di San Faustino.

Segue la veduta della Rotonda con qualche passeggero e cani che si rincorrono; conclude la serie la veduta raffigurante Piazza dei Signori sull’archetipo di quella del Corti–Gallieni, in primo piano la parte inferiore della torre Bissara e la Basilica che spicca per le lampade poste sotto le arcate inferiori e l’angolo che dà sulla piazzetta palladio che sembra tagliare la piazza in due, mentre sulla piazza passeggiano cittadini di ceto aristocratico, tra popolani tra cui si nota una donna con la cesta in mano e ai piedi forse della verdura.

Conclude questo opuscolo la veduta prettamente architettonica di Palazzo Thiene quella eretta dal Palladio 51. E’ con la seconda metà del secolo XIX che la città si consacra a Palladio definitivamente ed ecco apparire nella guida di Siro Corti per la provincia di Vicenza, in antiporta la veduta della piazza dei Signori con la torre Bissara e due tendoni legati forse alle luminarie nelle arcate inferiori, per i venditori ambulanti e alcuni astanti sullo sfondo 52. È probabile che il Corti corrisponde al duo Corti-Gallieni, ma ciò attende ancora un approfondimento 52bis.

Preme in questa sede  mettere in luce che è proprio l’800 a cogliere questo particolare aspetto, creando il binomio di Vicenza con Andrea Palladio per merito dell’abate Antonio Magrini il primo grande studioso palladianista e colui che, come già sopra scritto, diede vita al nascere del Museo Civico all’epoca concepito come riflesso della storia non solo artistica della città.

Il secolo XIX Vicenza trova in un pittore scenografo la propria immagine dipinta ovvero la Piazza dei Signori di Federico Castegnaro il quale però si rifà nella sua opera a due vedute a stampa nel dipingere le due parti laterali di palazzi della piazza ritrattata 53, quasi a dimostrare come la stampa in incisione dominasse nella pittura, soprattutto in merito alla vedutistica.

Non si può certo ignorare in questa sede la recente acquisizione del dipinto eseguito dal veronese Carlo Ferrari detto Ferrarin raffigurante la Piazza dei Signori nel 1845 un’opera dal grande formato (cm.114 x140) e che induce a pensare che come la vedutistica vicentina in campo pittorico possa riservare ancora ulteriori sorprese 54.

Altre vedute di Vicenza appaiono nei dipinti di Orsola Faccioli Licata che ritrae piazza dell’Isola con Palazzo Chiericati, oppure in opere di Pietro Negrisolo, Nello Gaetano Mengotti e Domenico Petarlin 55. Si tratta tuttavia di avvenimenti artistici di carattere episodico e storico. Non mancano dipinti  di artisti autorevoli come il surreale Sposalizio in Piazza dei Signori di Italo Valenti 56 o la Corte dei Roda di Filippo De Pisis 57, tanto per citarne alcuni, ma oltre all’episodicità, non costituiscono una intera collezione.

Con il secolo XX, sarà Neri Pozza con circa 58 vedute ad immortalare Vicenza nell’incisione come da tradizione e ben 31 sono dedicate a Vicenza con anteposto il numero ordinale e due le grandi vedute, quasi a voler rispettare e continuare la tradizione incisoria vicentina del Dall’Acqua e di Marco Moro.

Tuttavia non è questa la sede per giudicare la Vicenza di Pozza, poiché come è stato scritto non è un illustratore, bensì un artista o meglio egli concepisce le vedute della sua città uscendo dai limiti contingenti e dalla condizione frammentaria, “per esprimere una concezione universale che sta nel tempo e lo annulla”58. Vero illustratore si rivela invece Guido Albanello che su ispirazione dell’editore Gilberto Padovan delinea ben 36 vedute di Vicenza con disegno a china, proprio sul finire del XX secolo 59, dopo aver dato alle stampe le vedute di Bassano del Grappa 60.

La prima caratteristica dell’opera di Albanello e quella che più colpisce è che tutte le vedute sono riprese dall’alto e, per la maggior parte, la centralità dell’immagine è presa da edifici religiosi tra i più significativi della città. Tanto da poter affermare che all’interno del corpus delle 36 vedute vi è un  nucleo costituito da vedute con soggetto sacro.

A questa caratteristica si aggiunge quella del tratteggio a mano in china e che fa comprendere come il lavoro dell’autore sia prettamente artigianale: chiari e scuri si alternano a ombre che si riflettono sulla città caratterizzata dal verde e dai fiumi che la attraversano.

Altra caratteristica è l’omogeneità dell’operato di Albanello perché al di la di quanto osservato sopra,  il soggetto è Vicenza in linea di continuità con Cristoforo Dall’Acqua, l’Alverà, il Martinolli, il Cecchini e Marco Moro. Tuttavia l’autore rompe con la vedutistica del passato non soffermandosi sugli archetipi degli incisori del passato e raffigurando Vicenza ripresa da punti di vista del tutto inediti.

La ripresa dall’alto fa sì che gli edifici architettonici  più evidenti siano ripresi  e inseriti in un fitto tessuto urbano. Significative la veduta della chiesa degli Eremitani Scalzi vulgo di San Marco (tav.28) con annesso chiostro ora adibito all’Istituto delle Dame Inglesi.

Il tutto è avvolto dal verde come si nota anche nella parte finale in cui si intravede l’omonimo ponte del santo veneziano e il complesso della Misericordia visto dalla parte retrostante. La veduta è contornata da tratti finissimi, riproducenti i tetti e i lucernari delle abitazioni.

Altra veduta che colpisce è quella della chiesa di Santo Stefano (tav.29) che sembra dominante con facciata e cupola, sull’abitato circostante, dando uno spaccato che difficilmente  si può vedere e immaginare a causa del fitto tessuto urbano in cui si trova inglobato il sacro edificio tra cui palazzo Thiene di cui si vedono le merlature della copertura e dalla parte opposta la chiesa di San Gaetano vista dalla parte retrostante.

La chiesa di Santa Corona (tav.33) non è più vista come negli schemi tradizionali proposti da Marco Moro cioè da corso Palladio, bensì anch’essa dalla parte retrostante dove si notano l’abside della chiesa, la biblioteca ed il chiostro oggi adibito a sede del museo archeologico. Segue la chiesa di San Pietro (tav.34) con annesso chiostro oggi sede dell’Istituto Trento.

La veduta seppur sembra schiacciare il sacro edificio, sembra un rincorrersi di strutture architettoniche che, a loro volta, paiono incastrarsi, formando una specie di dedalo. Singolare è la chiesa neogotica detta dei Carmini (tav. 23) con la bianca torre campanaria e caratterizzata dall’alternarsi della fila di mattoni rossi con quelli bianchi.

La facciata della chiesa è, a sua volta,  in parte  nascosta da un albero antistante. Il tutto è circondato da abitazioni i cui tetti sembrano popolati da camini e sullo sfondo compare l’ampio campo, oggi adibito a campo sportivo parrocchiale e un tempo luogo di preghiera e di lavoro delle monache carmelitane.

Dalla parte retrostante come Santa Corona, è ripresa anche la chiesa medievale di San Lorenzo (tav.19), rompendo così l’archetipo tradizionale per cui è sempre stata raffigurata dalla facciata con piazza antistante.

Compaiono, però, ben delineati la parte del chiostro medievale, gli orti di proprietà dei religiosi francescani conventuali e palazzo Repeta oggi sede della Banca d’Italia. Prospicienti il fianco opposto al chiostro dell’edificio sacro medievale, sono raffigurate una parte delle abitazioni  che danno su corso Fogazzaro, seguono i tetti delle residenze di Motton San Lorenzo.

Opposto al palazzo Repeta vi è lo slargo con il lato dell’edificio  sede attuale del Liceo Scientifico “P.Lioy” e la parete retrostante della chiesa dei Santi Maria e Cristoforo nel complesso di San Marcello oggi sede del Liceo Classico “A. Pigafetta”. Ben delineati risultano pure gli edifici sacri considerati di periferia, come la chiesa di Santa Caterina (tav.25) con il chiostro della chiesa di Ognissanti e raffigurante una parte della città del tutto assente nella tradizione della vedustica vicentina.

Il tutto è avvolto da abitazioni caratterizzate dal verde, da comignoli turriti, distinguendosi il tetto dell’Oratorio delle Zitelle. Completa questa veduta, un’altra relativa a contrà Santa Caterina (tav.17) in cui domina il chiostro della chiesa, viene raffigurato l’Oratorio delle Zitelle, successivamente porta Monte e parte del dismesso cotonificio Rossi, affianca la veduta una parte del Retrone, mentre Monte Berico fa da sfondo.

Altra chiesa raffigurata è quella di Santa Chiara (tav.10) ripresa dalla parte retrostante, così da poter vedere i chiostri annessi e il tetto con relativo campanile dell’ ex convento  di San Tommaso. Passando dalla parte opposta della città, troviamo la veduta del complesso conventuale di San Rocco (tav.26) di cui è ripresa la facciata, il lato esterno con torre campanaria e dall’altro lato il chiostro.

La veduta è tutta un susseguirsi di edifici con pinnacoli e riconoscibile è pure una parte delle mura antiche scaligere. Tutto il tessuto abitativo che circonda il complesso di San Rocco è marcato dal verde segnato dai tratti chiaroscurali d’inchiostro. Andando ancora verso la periferia non manca, inoltre, una tavola raffigurante la basilica dei Santi Felice e Fortunato (tav.36) dove si colgono il bel campanile romanico e sullo sfondo alcuni edifici di viale Milano.

Albanello delinea con attenzione certosina la facciata e la parete esterna della navata laterale dell’antico edificio sacro con annesso convento oggi adibito a scuola superiore “A. Fusinieri” e che se non si entra nel plesso scolastico non si coglie in alcuna veduta. Segue la tavola raffigurante l’abbazia di Sant’Agostino (tav.22) edificio sacro ricco di storia artistica, culturale e spirituale e raffigurato immerso nel verde di multiforme varietà della campagna vicentina.

Conclude il santuario Monte Berico (tav.20) che l’autore ripropone non con i portici del Muttoni, ma con la casa del Pellegrino ampliata recentemente e una parte del piazzale della Vittoria. Non viene omessa nemmeno la Cattedrale ritornando così al “cuore” non solo religioso della città che è ripresa da piazza Garibaldi (tav.16) e imponente si presenta l’abside.

La veduta esce dai soliti archetipi, perché sembra congiungersi con gli edifici prospicienti l’ attuale palazzo delle Poste che non si vede, costituendo una specie di edifici disposti a mo’ di serpentina che introduce in contrà Muscheria.

Piazza Garibaldi è, a sua volta, animata da alcuni cittadini o turisti e dalla fontana per i bambini con i bronzi di Nereo Quagliato.

 

Come si può constatare il gruppo delle raffinate vedute di Albanello relativo a edifici sacri costituisce la pars magna del corpus e non è strettamente legata all’ strutture palladiane. Tuttavia non  manca l’attenzione per le piazze, i ponti, le porte e i giardini.

Ed ecco allora dopo piazza Garibaldi, segue piazza dei Signori (tav.1) ripresa dall’angolo privilegiato della Basilica palladiana di cui si intravedono le arcate che danno su piazzetta Palladio, la torre dell’Orologio che conclude la serie prospettica delle arcate che si affacciano sulla piazza grande e sullo sfondo le due colonne. Dal lato opposto il caffè Garibaldi deserto, seguito dalla Loggia Bernarda, proseguendo con il palazzo del Monte di Pietà e la facciata della chiesa di San Vincenzo.

La piazza è animata da due gruppi di turisti  o cittadini che conversano tra di loro e da altri solitari tra cui uno dentro la prima arcata inferiore della Basilica quasi a voler imitare la veduta di Cristoforo Dall’Acqua. Fa da sfondo a piazzetta Palladio il monumento eretto a memoria del celebre architetto che ha legato il proprio nome alla città berica.

Sempre in merito alla piazze, segue la tavola raffigurante piazza della Biade (tav.18) ripresa da una lunga e fitta fila di abitazioni, con al centro la chiesa di Santa Maria in foro vulgo dei Servi il tutto disposto a serpentina.

Si intravede l’angolo della piazza che dà su contrà Santa Barbara che, a sua volta, è descritta in modo particolareggiato e abitata da cittadini in contrasto con contrà dei Servi che è ben delineata ma solitaria. Solitario è pure la figura umana che sta sulla parte opposta della piazza che riprende l’inizio di contrà Catena.

Altrettanto suggestiva la veduta di piazza Duomo (tav.12) ripresa da un punto particolare, per cui si intravede la copertura della Cattedrale in primo piano, unitamente alla antica torre campanaria, al palazzo del vescovado che chiude la piazza animata da cittadini tra cui due sacerdoti la cui ombra come quella degli edifici, si riflette sulla piazza. Sullo sfondo a destra si nota la torre di porta Castello e a sinistra la Basilica di Monte Berico.

Quanto ai parchi, Albanello nella veduta dei giardini Valmarana – Salvi (tav.21)  riprende un soggetto caro alla vedutistica tradizionale e li raffigura  dalla parte retrostante, tanto da vedere fin dal primo piano, il ponte sovrastante la Seriola uno dei tanti percorsi d’acqua di cui è ricca Vicenza e richiamando così la veduta del Dall’Acqua sempre con lo stesso soggetto.

Al ponticello fa seguito la vista dell’ arco d’ingresso ai giardini visto di spalle, colpisce il torrione di porta Castello per la sua imponenza e sullo sfondo si vede piazza Castello con palazzo Piovini  affrontato a palazzo Bonin Longare.

Il verde domina pure nei giardini del vescovado (tav.7) che il semplice cittadino non può vedere, poiché recintati da una mura alta e spessa. Sullo sfondo in parte coperta da alberi la loggia Zeno e più a fondo ancora  la cimasa della facciata della cattedrale, seguita dalla cupola e dalla torre campanaria antica.

A destra spicca il campanile dei Filippini e dalla parte opposta, la carena della Basilica palladiana con la torre dell’Orologio.

I giardini sono limitati da un lato da via San Francesco Vecchio deserta e da contrà della Fascina animata da alcuni passeggiatori.

A parco Querini (tav.11) è dedicata una tavola dove l’autore pone nella centralità non il lungo viale costeggiato da statue, ma il tempietto di Antonio Piovene circondato dalle acque prese in prestito dall’Astichello altro fiume vicentino e reso noto dal poeta Giacomo Zanella. Fa da sfondo la chiesa dell’ Araceli vista dalla parte retrostante, il tutto immerso nel verde del prato e degli alberi che Albanello delinea con un fitto e variegato tratteggio.

Dai parchi si passa alle vedute relative ai ponti di Vicenza dove l’autore si inserisce nella tradizione della vedutistica legata alla città berica. E in fatti, analogamente a quanto fece anche il Martinolli, Albanello ritrae il fiume Retrone visto da ponte San Paolo e ponte San Michele (tav.31) fra i più suggestivi scorci di Vicenza.

Qui però i ponti sono in primo piano e ponte San Paolo è animato da cittadini che passeggiano. Colpisce l’occhio il chiarore dell’acqua a destra del Retrone, che contrasta con la parte sinistra più scura e costeggiata da un manto di cespugli erbosi. Si aggiungono il variegato susseguirsi dei tetti delle abitazioni, di altane, di camini e verande.

Sempre legata alla suggestione del Retrone è anche la tavola che raffigura ponte Furo (tav.15) con la loggetta Valmarana e dalla parte antistante l’attuale Villa Eretenia con a sinistra una parte di campo Marzo, unica testimonianza del noto parco, e dall’altra l’incrocio di contrà delle Grazie e contrà Carpagnon.

Sullo sfondo sfilano, come in passerella, il torrione di porta Castello, il campanile dei Filippini, la cupola della Cattedrale, la carena della Basilica palladiana, la torre dell’Orologio e la torre degli Zavatteri o del Tormento. Altro ponte che domina sul Retrone è quello sito nel quartiere delle Barche (tav.32) suggestivamente ripreso nel suo riflettersi sulle acque del fiume a destra chiare e a sinistra più scure e in cui si riversa di riflesso il tessuto urbano del rione omonimo.

Se il Retrone gode di ben quattro ponti riprodotti anche dagli incisori del secolo XIX, il fiume che domina su Vicenza è però il Bacchiglione sovrastato da ponte Pusterla (tav.8) nel cui sfondo si intravede ben delineata contrà San Marco, mentre il ponte è animato da solitari cittadini.

Colpisce il contrasto del verde che sta sulla riva destra del fiume con le abitazioni tutte a sinistra e quasi poste ai piedi della roggia e dell’affluire dell’ Astichello sul Bacchiglione.

Tutto animato invece da passeggiatori e da persone sulla bicicletta è il ponte degli Angeli (tav.4) che pur non avendo la suggestione degli altri ponti sopraccennati, permette di fissare lo stridente immobile che sta a destra con i palazzi raffinati ed eleganti che stanno sulla sinistra.

Dopo i parchi e i ponti seguono le tavole relative alle porte due  soltanto, ma senza dubbio le più significative. Porta Santa Croce (tav.14) è dominata dalle piante di alberi e oltre la porta si intravede il torrione veneziano che sta negli giardini al di là del Bacchiglione che fluisce rigoglioso in mezzo al verde che si riflette sulle acque, ponendo in evidenza il ponte che lo sovrasta detto appunto “ponte di Santa Croce”.

Un solitario passeggero affianca il torrione della porta medievale, mentre le brutture costruite successivamente tra il torrione e la porta  sono nascoste da un albero che è posto in primo piano, mentre a destra della porta si scorge l’inizio delle mura trecentesche inserite nel complesso che fu degli Ospedalieri in antico e poi delle suore Canossiane. Sullo sfondo la città caratterizzata dallo svettare dei vari campanili e dalla torre dell’Orologio nonché da Monte Berico.

Porta Castello (tav.9) è, invece, ripresa da una angolatura del tutto insolita ovvero dall’antica sede della dogana così si inserisce nella raffigurazione l’arco d’entrata dei giardini Salvi, il torrione e la porta e lo snodo che divide corso dei Santi Felice e Fortunato da viale Roma e corso Palladio, il tutto arricchita da passanti.

Escono dai soliti archetipi la veduta relativa agli edifici che sorgono sul teatro Berga (tav.27) e che Albanello ben delinea in senso circolare, così come doveva essere l’antico teatro mentre dalla parte destra si intravede Porton del Luzo.

Suggestiva è pure la tavola che raffigura il complesso a villa Valmarana ai Nani a San Bastiano (tav.3) con sullo sfondo la Rotonda, quasi un omaggio ai due grandi talenti operanti  a Vicenza seppur in secoli diversi: Andrea Palladio e Giambattista Tiepolo. Villa, foresteria e chiesetta sono tutte avvolte dal verde degli alberi, delle piante e delle aiuole del giardino.

Qualcuno potrebbe pensare che Albanello nelle sue vedute a china non abbia pensato al Palladio, cosa ben difficile per Vicenza, poiché l’autore riproduce in due tavole distinte due fra i massimi capolavori del celebre architetto: la Rotonda e Palazzo Chiericati, la dimora di campagna contrapposta a quella di città.

La prima (tav.13) ripresa dall’alto è delineata dal verde che la circonda e in parte dai rustici che stanno a fronte del capolavoro palladiano. Palazzo Chiericati (tav.5), invece, è ripreso a lunghe fughe “di cannocchiale” come da tradizione dal Dall’Acqua a Marco Moro, riprendendo l’imbocco dell’attuale corso Palladio.

Se manca nelle vedute il celebre teatro Olimpico altra opera legata al Palladio, Albanello riprende invece l’involucro esterno che ingloba il celebre teatro, ovvero palazzo del Territorio (tav.6) con l’imbocco di corso Palladio e la strada che porta a ponte degli Angeli.

Le 36 riproduzioni si concludono con tre vedute parziali di Vicenza (tav.24) ripresa dal centro storico, dominata sempre dalla Basilica palladiana e dalla torre dell’Orologio e sullo sfondo il Retrone e ponte San Paolo.

Funge da contorno  il fitto tessuto urbano  in cui si nota il campanile e la parte retrostante della cimasa della facciata della chiesa di San Vincenzo e dietro la Basilica il complesso dell’Istituto Proti. A sinistra in consecuzione c’è piazza Biade con l’angolo che introduce in contrà Catena, contrà Gazolle e ponte San Michele.

Vicenza vista dal campanile di San Marco (tav.35) è quella che riprende in modo non comune la chiesa stessa contornato da un denso tessuto abitativo, mentre la tavola meglio riuscita, a nostro parere, è la veduta parziale del centro storico (tav.2) vista da Monta Berico con una parte del Retrone in primo piano, la carena della Basilica palladiana che sovrasta su una densa diramazione abitativa, dove si stagliano campanili e torri come quella degli Zavatteri, dell’Orologio, uno scorcio della loggia Bernarda e sullo sfondo, la chiesa dell’ Araceli e parte di parco Querini.

Concludendo, le vedute di Albanello sono inserite nella linea della tradizione che fu dei suoi predecessori, puntando come si è detto, non solo su Andrea Palladio, ma anche sulla Vicenza medievale dalla basilica dei SS. Felice e Fortunato a Sant’Agostino a Santa Corona e San Lorenzo fino a San Rocco e Santa Chiara.

Non manca certo la sede civile della città con la basilica Palladiana e la piazza dei Signori “cuore” della città e che Albanello anche nelle tre vedute parziali pone la carena della basilica al centro della città berica, non trascurando anche il dopo Palladio con la chiesa dell’Araceli, la chiesa detta oggi di San Marco e quella di Santo Stefano, fino a giungere alla neogotica chiesa detta dei Carmini.

Pertanto se il corpus delle vedute di Albanello sembra  voglia fissare il cuore religioso della città, in realtà non solo sullo sfondo di molte vedute figura o la carena della Basilica o la torre dell’Orologio che richiama la basilica stessa che, a sua volta, è il simbolo della città civile ma anche di quella definita dal Palladio, ma delinea la città dei ponti e indirettamente delle acque, dei parchi pur trascurando campo Marzo, ma riconoscendo anche la Vicenza con i propri “polmoni” di verde anche nel centro della città dove non mancano le piazze sulle quali però domina quella dei Signori vero “salotto” della città. Anche Albanello così riconosce e dimostra, che la scritta di  “Vicenza citta bellissima” che distinse la veduta del Foresti nell’edizione del 1535, è sempre più che mai sincera e credibile.

NOTE

(1) Per la definizione del Lanzi cfr. L. LANZI, Storia pittorica della Italia dal Risorgimento delle Belle Arti fin presso alla fine del XVIII secolo Bassano, 1795-96 (ristampa Firenze 1968). Si vedano anche gli illuminanti saggi di E. SPALLETTI, La documentazione figurativa dell’opera d’arte, la critica e l’editoria nell’epoca moderna 1750- 1930, in Storia dell’arte italiana, v. 2°, Torino 1979, pp.417-484 e di F. MAZZOCCA, L’illustrazione romantica, in Storia dell’Arte Italiana, IX/2, Torino 1982, pp.323-419.

(2) Per questi autori cfr. L’incisione europea dal XV al XX secolo, Torino 1968, pp.93–103 e G. MARINI, L’incisione nel Seicento e Settecento, in Storia di Venezia. L’Arte, 2 v. , a cura di R.PALLUCCHINI, Roma 1995, pp.521-555.

(3) Per il Fogolino cfr. F. BARBIERI, Pittori di Vicenza 1480-1520, Vicenza 1981, pp.41-44.E si veda in particolare per le due predelle IDEM, Immagini di Vicenza cinquecentesca e palladiana, in Andrea Palladio. Il testo, l’immagine, la città, […] a cura di L. PUPPI, Milano 1980, pp.141-143, ora in IDEM, Architetture palladiane. Dalla pratica del cantiere alle immagini del trattato, Vicenza 1992, pp.227–238. Il testo va confrontato per le affinità di contenuto con quello di IDEM, Cartografia e immagini di Vicenza cinquecentesca e palladiana, “Vicenza. Carnet del Turista”, Vicenza 1980, pp.3–25.

(4) BARBIERI, Immagini di Vicenza cit., schede n°172, 173, 174, 175, 176, 176bis, e IDEM, L’immagine urbana dalla rinascenza alla “età dei lumi”, in Storia di Vicenza. L’età della Repubblica Veneta, III/2, a cura di F. BARBIERI – P. PRETO, Vicenza 1989, p.236.

(5) F. BARBIERI, R. CEVESE , L. MAGAGNATO, Guida di Vicenza, Vicenza 1953, p.140.

(6) D.M. MONTAGNA, Vincenza “Pasini” iniziatrice del culto mariano sul Monte Berico in Santità e religiosità nella diocesi di Vicenza, a cura di R. ZIRONDA, Vicenza 1991, pp.50 – 58. E ancora G. CRACCO, La religione a Vicenza nel Tardo Medioevo: persistenze e novità, in Santità e religiosità cit. pp.30-34 e IDEM, Religione, chiesa, pietà, in Storia di Vicenza, 2 v., L’età medievale, a cura di IDEM, Vicenza 1988, pp.359–425.

(7) BARBIERI, Vicenza gotica: dal testo all’immagine, in G. DRAGONZINO, Nobilità di Vicenza, a cura di F. BARBIERI e F. FIORESE, Vicenza 1981. Si veda anche la scheda seppur sintetica di G. MAZZI, Dal simbolo all’immagine: xilografie e incisioni per la Vicenza del Cinquecento, in Andrea Palladio. Il testo, l’immagine cit., pp.114-123, scheda n°151e Vicenza città bellissima. Iconografia vicentina a stampa dal XV al XIX secolo, a cura di A. CARTA, M. MAGLIANI, A. SCARPARI, R. ZIRONDA, Vicenza 1983, scheda n°91.

(8) Circa le due vedute del Rolewinck e del Foresti, cfr. Vicenza città bellissima., cit. scheda n°90 e 92. Si veda anche MAZZI, Dal simbolo all ’immagine cit., scheda n°150 e 152.

(9) Cfr. Vicenza città bellissima, cit. scheda n°93, e MAZZI, Dal simbolo all’immagine cit., scheda n°157. Per un giudizio sul Marzari cfr. G. BENZONI, Cronisti e storici del Seicento e Settecento, Storia di Vicenza cit., III/1, pp.382-383.

(10) BARBIERI, Immagini di Vicenza cit., p.147.

(11) IDEM, Immagini di Vicenza, cit. pp.147-148 Per quanto riguarda la scheda tecnica della veduta del Dragonzino cfr.: Vicenza città bellissima. cit., scheda n°91. Circa le mura della città e le relative porte cfr. BARBIERI, L’immagine urbana cit., pp.211-238.

(12) Cfr. Vicenza città bellissima cit., schede n°94-97 relative a Ponte di Santo Michiele Arco bellissimo; Pozo Antico fatto dalla Natura; Acquedoti luntani dui miglia, che portavano l’acque, in la Città; Residuo di teatro Antico. Del tutto dimenticata la veduta riproducente la facciata di casa Pigafetta; si veda la scheda di MAZZI, Dal simbolo all’immagine, cit., scheda n°157 in cui l’Autrice ignora la xilografia di casa Pigafetta.

(13) G. MANTESE, Lo storico vicentino p. Francesco da Barbarano O.F.M. Cap. 1596 – 1656 e la sua nobile famiglia, in “Odeo Olimpico”, IX/X (1973), pp.27-137. Per un giudizio sul Barbarano cfr. BENZONI, Cronisti e storici cit. III/1, cit.,pp.397399.

(14) Per le tre vedute si rinvia a Vicenza città bellissima cit., n°58 per la pianta della città e n°98 e 99 per le vedute.

(15) Vicenza, Archivio Storico dei Padri Filippini, Bonifacio Pergola, All’Altissima regina del cielo Maria Vergine ad honor della quale et miracolosamente di suo ordine è stato erreto il divotissimo tempio sopra il monte di Berica di questa magnifica città di Vicenza, habiamo invoccato et della sua divina ispirarazione santissima siamo stati illuminati di raccogliere le vite de’ santi et beati vicentini qualli in vita o sia doppo morte per divina disposizione sonno fatti habitatori di essa raccolta e stata fata da me Bonifacio Pergola vicentino l’anno M.DC.XII, ms. autografo. Copia di tale ms. si trova presso la Biblioteca Civica Bertoliana, ms. 1688 cartaceo sec.XVII. Nel verso del piatto anteriore della legatura nota ms. di possesso: “ex dono Bernardi Stecchini”. Nel foglio a se stante: “Il presente ms. è stato confrontato con quello esistente pressi i Filippini di Vicenza e si è rilevato esser l’opera stessa del vicentino Bonifacio Pergola. In questo manca la Dedicatoria all’Altissima Regina de’ Cieli Maria Vergine, il Discorso alli Signori Lettori e si è tenuto un ordine diverso nel collocar le vite de’ Santi e Beati, poiché il presente incomincia colle vite de’ SS.Georgio e Carpoforo, e quello colla vita di S. Orso. In questo nostro ms. non apparisce il nome di Bonifacio Pergola, come in quello de’ PP. Filippini, ma si manifesta peraltro bastantemente pag.1 tergo 11 e 12 ove dice che sovente sua Divina Maestà degnasi di aprir la bocca anco de’ fanciulli e nel codice de’ Filippini si legge che aveva soli 13 anni quando scrisse.” Informazione del manoscritto del Pergola si trova anche in ANGIOLGABRIELLO DI SANTA MARIA (CALVI) Biblioteca e storia di quegli scrittori così della città come del territorio di Vicenza […], vol. 6, in Vicenza 1782, p.63. L’Autore scrive: “Bonifazio Pergola raccolse le Vite de’ Santi, e de’ Beati Vicentini (così come fece Giulio Carcano altro scrittor vicentino, di cui più sotto). Dedicò l’Opera nel 1612 a Maria Vergine del Monte Berico, protestandosi che di anni XIII ebbe ispirazione di scriverla. Il MS. unico è presso i padri dell’Oratorio in Vicenza, Scanzia D. Canto 23, della lor biblioteca”. Per l’Oratorio del Gonfalone cfr. G. P. PACINI, Laici, chiesa locale, città. Dalla fraglia di S. Maria alla confraternita del Gonfalone a Vicenza (sec.XV-XVII), Vicenza 1994, in particolare alla p.47 e nota n°115.

(16) P.ROSSI, Francesco Maffei, Milano 1991, pp.30 e 31 alle date 1655, settembre 27 e 1658, maggio 13. Per i rapporti tra Bonifacio Pergola e il Maffei si darà resoconto in altra sede.

(17) La stampa appartiene a collezione privata.

(18) Le vedute uscirono sciolte, e in volume solo nel 1957 quando furono ristampate grazie al contributo della Banca Popolare di Vicenza con la prefazione di L. MAGAGNATO. Si veda inoltre di IDEM, Le vedute di Cristoforo Dall’Acqua, in Vicenza Illustrata a cura di N.POZZA, Vicenza 1976 e ora in IDEM, Scritti d’arte (1946– 1987), a cura di S. MARINELLI e P. MARINI, Vicenza 1997, pp.375–377. La ristampa delle 11 vedute del Dall’Acqua è stata poi riproposta su carta “fatta a mano” di Fabriano dall’editore Gilberto Padovan nel 1990, inserendo le vedute sciolte dentro cofanetto con introduzione di F. BARBIERI.

(19) Per il Volpato cfr. Giovanni Volpato 1735–1803, a cura di G. MARINI, Bassano del Grappa 1988.

(20) Per l’attività del Wagner e dello Zatta cfr. B. PASSAMANI, Introduzione, in Incisori veneti del Settecento. Catalogo a cura di S. DAMIANI, Brescia 1982, pp.9-21.

(21) Vicenza città bellissima, cit. Guida al catalogo, p.32 e nota n°42.

(22) Catalogo delle stampe in rame e delle varie qualità di carte privilegiate dell’eccellentissimo senato le quali si lavorano in Bassano presso la dita di Giuseppe Remondini e figli di Venezia. Anno 1772, Bassano 1772 e Catalogo delle stampe in rame e delle varie qualità di carte privilegiate, le quali si lavorano in Bassano presso la dita di Giuseppe Remondini e figli di Venezia. Anno 1778, Bassano 1778.

(23) La notizia la si evince dal Giornale Enciclopedico, tomo II, febbraio 1779, pp.87-88. Il testo dell’annuncio è il seguente: “Invenzioni. E’ stato eseguito in Vicenza un torchio per istampare in rame, il quale esiste appresso il sig. Cristoforo Dall’Acqua noto ed esperto incisore di questa città. Siffatta macchina può essere con somma facilità maneggiata da una sola persona per imprimere anche in foglio imperiale. Si può dare alla carta un’impressione quanto più si desidera forte, senza pericolo premere più da un lato che dall’altro. La macchina inoltre sta ferma e soda senza pesi o puntelli, cose che sono spesso necessarie lavorando coi torchi ordinari. I cilindri sono esenti dallo spaccarsi o dal frangersi nell’asse. Il moto è sollecito al pari di quello dei torchi comuni, ed è più equabile. Non fa d’uopo di porre cartoni sotto al rame, acciocché l’impressione divenga uguale, perché questo si ottiene col mezzo di un facile e comodo artifizio della nuova machina. L’invenzione è del dotto meccanico sig. d. Gio. Battista Trecco, e l’esecuzione di un ingegnoso artefice ambedue vicentini. Chiunque volesse informarsi di questa nuova macchina può dirigersi al suddetto sig. Dall’Acqua.”

(24) G. M. SANNA, Cristoforo Dall’Acqua incisore vicentino (1734-1787). Tesi di laurea in Storia dell’Arte. Relatore prof. C. SEMENZATO, Università degli Studi di Padova, a. ac. 1975-76. E’ fino ad ora l’unico lavoro che comprende tutta l’attività del Dall’Acqua al quale non è stata fino ad ora dedicata una mostra con relativa pubblicazione scientifica. L’attenzione è stata indirizzata soltanto alle vedute del noto incisore vicentino, e si apre pertanto l’opportunità di poter raccogliere quanto il Dall’Acqua incise costituendo un catalogo ragionato. Per tutta l’attività dei Remondini cfr. C.A.ZOTTI MINICI, Le stampe popolari dei Remondini, Vicenza1994.

(25) L. LANZI, Storia pittorica della Italia. Dal Risorgimento della belle Arti fin presso al fine del XVIII secolo, Milano, Dalla Società tipografica dei classici italiani, 1824, p.65, e di IDEM, Viaggio nel Veneto, a cura di D. LEVI, Firenze [1988].

(26) G. BARBIERI, Le gemme della corona. Le guide di città tra memoriale e “compagno al forestier”, in Il Veneto e l’Austria. Vita e cultura artistica nelle città venete 1814- 1866, a cura di S. MARINELLI, G. MAZZARIOL,. F. MAZZOCCA, Milano 1989, pp.388-395: p.388. E di IDEM, “Claram Edificiis Urbem”. La Vicenza dei viaggiatori e delle guide, in I Tiepolo e il Settecento Vicentino, a cura di F. RIGON [e altri], Milano 1990, pp.278–282.

(27) B. CHIOZZI, Scheda relativa al Forestiere Istruito di O.Bertotti Scamozzi in Il Vicentino tra rivoluzione giacobina ed età napoleonica 1797–1813, a cura di R. ZIRONDA, Vicenza 1989, p.241 scheda n°243. Per una visione d’insieme cfr. G. BARBIERI, Le gemme della corona, cit. p.388.

(28) O. BERTOTTI SCAMOZZI, Le fabbriche e i disegni di Andrea Palladio raccolti ed illustrati Ottavio Bertotti Scamozzi: Opera suddivisa in quattro tomi con tavole in rame rappresentanti le piante, i prospetti, e gli spaccati , con la traduzione francese, Vicenza, Francesco Modena, 1776-1783, 4 v. L’edizione presenta incisioni di Cristoforo Dall’Acqua, David Rossi e altri. Cfr. CHIOZZI, Scheda n°242 in Il Vicentino cit. pp.200- 201.

(29) Per il Teatro Olimpico l’incisione che già era apparsa nella guida del Baldarini non è citata nemmeno nel puntuale lavoro di S. MAZZONI, Il sito e gli esterni del teatro Olimpico dal Cinquecento al Novecento, in L. MAGAGNATO, Il Teatro Olimpico, a cura di L. PUPPI , Milano 1992, pp.155-305.

(30) Alla voce ABITAZIONI dopo una premessa di una facciata segue l’elenco dei dipinti più importanti presenti nella Sala della Congregazione Municipale, nella Sala Bernarda, al Monte di Pietà nella Camera degli Ori, a Santa Corona, a San Domenico, a San Pietro, a San Gartano, a Santo Stefano, a San Bartolomeo, a Santa Croce, a San Rocco, a Palazzo Vecchia, a San Jacopo, nella chiesa del Monte Berico, a Santa Caterina, in Cattedrale, nell’Oratorio del Duomo e a San Valentino.

(31) Su Carlo Vicentini Dal Giglio e altri principali donatori cfr. F. BARBIERI, Il Museo Civico di Vicenza. Dipinti e sculture dal XIV al XV secolo, 1 v, Vicenza 1962, pp.13-14, nota n°16 e B. RIGON BARBIERI, Il Museo Civico di Vicenza dalla costituzione al secondo dopoguerra in Storia di Vicenza, IV/2, a cura di F. BARBIERI e G. DE ROSA, Vicenza 1991, pp.173-186. Si vedano anche per ulteriori informazioni: R. ZIRONDA, L’ordinamento delle collezioni del Museo di Vicenza nei primi cinquant’anni di vita, in Dipinti e sculture del XIX secolo, a cura di F. MAZZOCCA, Venezia 2000, pp.25-32 e M. Barausse. Gli inventori dei dipinti del Museo Civico di Vicenza, in Pinacoteca civica di Vicenza. Dipinti dal XIV al XVI secolo, a cura di M. G. AVAGNINA, M. BONOTTO, G. C. F. VILLA, Vicenza 2003, in part. pp. 19-36. Si veda anche E. BORDIGNON FAVERO, Il collezionismo, in Storia di Vicenza cit., III/1, pp.327– 346, in particolare alla p.345 e nota°124.

(32) Il volume titolato Notizie statistiche della Regia Città di Vicenza per l’anno MDCCCXXIII, Padova, Dalla Tipografia della Minerva, 1823, si suddivide nelle seguenti voci: Archeologia, Abitazioni, Sito Geografico, Produzioni, Fittologia, Zoologia, Pediografia, Litologia, Culto, e Ortografia delle diverse e più distinte fabbriche esistenti tanto in Vicenza che nel di Lei circondario esterno.

(33) S. RUMOR, Gli scrittori vicentini dei secoli decimottavo e decimonono, vol. I, Venezia 1905, alla voce.

(34) Gli inventari sono tutti reperibili alla voce del donatore e consultabili presso la sala manoscritti della Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza, mentre sono state disperse le raccolte librarie. Circa invece la biblioteca annessa al Museo Gualdo cfr. Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. La raccolta fu sicuramente dispersa come avvenne per il museo. Per quanto riguarda il Museo Gualdo cfr. G. GUALDO jr., 1650. Giardino di chà Gualdo, a cura di L. PUPPI, Firenze 1970.

(35) Circa la nascita del Gabinetto di disegni e stampe del Museo Civico di Vicenza si veda R. ZIRONDA, Il fondo calderariano e la nascita del Gabinetto di Stampe e disegni del Museo Civico di Vicenza in corso di stampa si veda anche di IDEM, Il fondo calderariano del Museo Civico di Vicenza in I disegni di Ottone Calderari al Museo Civico di Vicenza a cura di G. BELTRAMINI, Vicenza1999, pp.189-193.

(36) Per quanto riguarda la tecnica della litografia cfr. SPALLETTI, La documentazione figurativa cit. al paragrafo La litografia e la cromolitografia, pp.441–453 e di MAZZOCCA, L’illustrazione romantica cit., al paragrafo Litografia: fortuna e polemiche. Il primato di Napoli e Venezia, pp.381-392 .

(37) F. BARBIERI, Due interventi: i quartieri di Porta Nuova e di Santa Lucia, in I Tiepolo e il Settecento cit., pp.175–178 e schede n°2.1.1 e 2.1.2.

(38) Il bello materiale della città di Vicenza e de’ suoi dintorni disegnato dal vero e in litografia da Gio. Batt. Cecchini. Con illustrazioni del dott. Andrea Alverà vicentino. Padova, dalla Tipografia e Fond. Cartallier, presso Jac. Boschetti Editore Proprietario, in Vicenza 1835, cfr. C. ALBERICI, Giovanni Battista Cecchini, in Il Veneto nelle litografie dell’800, Vicenza 1966. Per la pianta del Lanzani cfr. Vicenza città bellissima, cit. scheda n°75.

(39) Per un confronto cfr: Vicenza città bellissima cit. e si vedano le riproduzioni di Piazza delle Erbe (Alverà 159; Cecchini 179); il Ponte di Campo Marzo sul retrone (Alverà 162; Cecchini 181 e ripreso pure dal Martinolli 173); Porta Castello (Alverà 164; Cecchini 180); di San Lorenzo (Alverà 166; Cecchini 185); Porta Monte (Alverà 165; Cecchini 184) I numeri in cifre arabiche si riferiscono alle schede di Vicenza città bellissima cit.

(40) Vicenza città bellissima, cit. schede n°148 a 153.

(41) Cfr. Vicenza città bellissima schede n°155, 156, 189, 190, 191, 194, 250, 251. Per i viaggiatori stranieri a Vicenza cfr. M. BATTILANA – G. DONELLA, Viaggiatori stranieri a Vicenza, in Storia di Vicenza, cit., pp.347–366. Relativamente al ’700 cfr. G. GRAZIANI, Vicenza nella seconda metà del Settecento attraverso le testimonianze dei libri di viaggio, in Il vicentino cit., pp.189-196 e schede n°269-273; IDEM, Viaggiatori illustri a Vicenza nel Settecento, “ Vicenza. Carnet del turista”, 1990 e G. BARBIERI, “Claram Edificiis Urbem”, cit., p.282.

(42) ALBERICI, Marco Moro, in Il Veneto nelle litografie, cit.

(43) Vicenza e suoi dintorni disegni a due tinte presi dal vero e litografati da Marco Moro. Opera dedicata all’inclito direttore superiore delle pubbliche costruzioni, strade ferrate e telegrafi del Regno Lombardo–Veneto. Luigi Negrelli […] Vicenza e Venezia, presso gli Editori Decio Avogadro e Marco Moro, 1850, Venezia Lit. di P. Ripamonti Carpano diretta da Garlato. Il volume è composto delle seguenti vedute:1) Stazione dell’I.R. Strada Ferrata in Vicenza; 2)Vicenza dal Monte Berico; 3) Piazzetta delle Biade in Vicenza; 4) Piazza delle Erbe in Vicenza; 5) Piazza San Giovanni in Bassano; 6) Chiesa di San Lorenzo in Vicenza; 7) Piazza dei Signori in Vicenza; 8) Piazza dell’Isola in Vicenza; 9) Ponte San Michele in Vicenza; 10) Molini al Ponte degli Angeli in Vicenza; 11) Piazza esterna di Porta Castello; 12) Chiesa di Santa Corona in Vicenza;13) Palazzo Capra detto la Rotonda presso Vicenza; 14) Il Retrone dal Ponte vicino a Porta Lupia; 15) Ponte Pusterla in Vicenza; 16) Villa Rambaldo presso Vicenza; 17) Palazzo Carcano ed ingresso ai Tunnel di Vicenza; 18) Ponte di Bassano provincia di Vicenza; 19) Castello di Bassano da Belvedere; 20) Colle Santa Margarita ora Villa Rambaldo; 21) Monte Berico presso Casale (Vicenza); 22) Ingresso in Recoaro provincia di Vicenza; 23) Recoaro provincia di Vicenza; 24) La Fonte di Recoaro provincia di Vicenza; 25) Stabilimento di ricreazione a Recoaro; 26) Il Brenta a Bassano, provincia di Vicenza; 27) Villeggiatura Trissino provincia di Vicenza; 28) Lonigo; 29) Cereda presso Cornedo; 30) Giardino Valle a Valdagno; 31) Monti di Fongara presso Valdagno. Cfr. ALBERICI, Marco Moro, in  Il Veneto nelle litografie cit., sub anno 1850 e per le vedute solo di Vicenza cfr. Vicenza città bellissima cit., schede n°231-248.

(44) Vicenza e suoi dintorni. Cfr. Vicenza città bellissima cit., schede n°231-248.

(45) La Litografia calcografia dei Busato di contrà S.Lucia ripropone le seguenti vedute: Monte Berico n°246, Piazza dei Signori n°236, Chiesa di Santa Corona n°241, Il Retrone n°243, Piazzetta delle Biade n°233, Vicenza n°232, Piazza esterna di Porta Castello n°240, Ponte San Michele n°238, Molini al Ponte degli Angeli n°239, Ponte Pusterla n°244, Chiesa di San Lorenzo n°235, Piazza delle Erbe n°234. Dall’Album sono state riprodotte La Basilica n°202, l’Arco delle Scalette n°212, Palazzo Chiericati n°303, Giardino de Salvi a Porta castello, nn°210, La Rotonda n°211, Casa del Palladio n°222, Teatro Olimpico, Palazzo dell’ecc.°Capitan n°218, Palazzo Loschi n°207, Palazzo Schio n°221 e la Piazza della regia città di Vicenza con le vedute di Marco Moro n°77 Il numero si riferisce a Vicenza citta bellissima cit.

(46) I 49 fascicoli sono relativi a rispettivamente :1) La Basilica o Palazzo della Ragione; 2) Palazzo Chiericati (sull’Isola); 3) Palazzo Trissino dal Vello d’Oro; 4) Palazzo Trissino (sul Corso); 5) Palazzo Cordellina; 6) Palazzo Loschi dei sig. r f.lli Fran . co e Alfonso; 7) Palazzo dei Conti Thiene (a S. Stefano); 8) Palazzo Thiene (ora Bonin); 9) Giardino dei Salvi a Paorta Castello; 10) La Rotonda; 11) Arco delle Scalette ; 12) Palazzo Anti ora Piloto; 13) Palazzo Angaran; 14) Palazzo Porto–Barbaran; 15) Palazzo Thiene (ora Bonin); segue: Ortografia; 16) Palazzo Porto seguono: Ortografia esterna e Icnografia; 17) Palazzo Conte Orazio Porto (ora Porto Colleoni); 18) Palazzo dell’Ecc. Capitano (ora Delegatizio) seguono: 1 Fianco della Fabbrica, 2 Spaccato Ortografia, Icnografia; 19) Palazzo Valmarana, seguono 1. Ortografia, Spaccato, 2 Icnografia; 20) Palazzo Tornieri (ora Villardi) seguono 1 Ortografia, Spaccato, 2 Icnografia.; 21) Palazzo Bonini a Pontealto seguono: 1 Ortografia, Spaccato, 2 Icnografia; 22) Teatro Olimpico (prospetto della Scena) seguono: 1 Prospetto della scena, 2 Spaccato, Pianta; 23) Palazzo Schio seguono:1 Ortografia, 2 Icnografia; 24) Palazzo Riva sul monte Berico, seguono:1 Ortografia, 2 Pianta; 25) Villa Rambaldo; 26) Villa Rambaldo (da un altro lato); 27) Chiesa Arcipretale di San Pietro in Schio seguono :1 Prospetto dell’atrio e scala della chiesa. 2 Pianta dell’atrio e scala della chiesa; 28) Casa del Palladio, seguono: 1 Spaccato, 2 Irtografia, Icnografia; 29) Palazzo Pisani nella Villa di Bagnolo, seguono: 1 Icnografia, 2 Prospetti sulla strada; 30) Casino Todaro suburbano, seguono :1 Ortografia, 2 Icnografia; 31) Palazzo Thiene (a Quinto), seguono: 1 (Ortografia e particolare), 2 Icnografia – secondo il progetto di Palladio (sic); 32) Palazzo Valmarana ora Guzzan (in Lisiera), seguono: 1 Ortografia, 2 Icnografia; 33) Palazzo Trissino dal Vello d’Oro (in Cricoli), seguono 1 Ortografia, 2 Icnografia Base dell’ordine Ionico degli archi; 34) Palazzo Caldonio (in Caldonio), seguono 1 Otografia, Spaccato, 2 Icnografia; 35) Casino Cerato in Montecchio Precalcino, seguono: 1 Spaccato, 2 Icnografia; 36) Palazzo Capra (sul Corso), seguono: 1 Ortografia, Spaccato, 2 Icnografia. 37) Palazzo Piovene (in Lonedo); 38) Santa Maria Nova in Vicenza, seguono 1 Ortografia, Spaccato, 2 Icnografia; 39) Oratorio di Casa Monza (ora Gabriele C.e Porto) (a Breganze), seguono:1 Ortografia, Spaccato, 2 Icnografia; 40) Oratoprio di Casa Porto (a Vivaro), seguono: 1 Ortografia, Spaccato, 2 Icnografia; 41) Palazzo Marcello, ora D.r De Marchi (a Bertesina), seguono: 1 Ortografia, 2 Spaccato; 42) Mausoleo del C.e Leonardo Porto e figli, seguono 1 (Ortografia), 2 Dettagli Pianta; 43) Tempio di S. Orso, seguono: 1 Ortografia, Spaccato, 2 Icnografia; 44) Casino Bonili (all’Anconetta); 45) Tempio nuovo in Schio; 46) Chiesa del Cimitero in Vicenza, seguono: 1 Ortografia, 2 Icnografia; 47) Palazzo Pisani (in Lonigo), seguono: 1 Ortografia, 2 Icnografia; 48) Nuovo Seminario Vescovile, seguono: 1 Ortografia, 2 Icnografia; 49) Chiesa di S. Faustino ora Magazzino Militare, seguono 1 (Ortografia), 2 dettagli del Prospetto. Per il presente elenco cfr: ALBERICI, Marco Moro, in Il Veneto nelle litografie, cit., sub anno 1847. Nel 1990 è stata pubblicata la ristampa anastatica numerata dell’Album per conto della Legatoria Olivotto in occasione dei 90 anni della legatoria.

(47) Vicenza città bellissima cit. scheda n°201-227.

(48) L’esemplare edito dall’editore vicentino Antonio Barbaro era fino ad ora del tutto sconosciuto e si conosce l’esemplare conservato presso la Banca Popolare di Vicenza e dedicato al duca Guglielmo di Bevilacqua come si evince dal frontespizio: “Sua Altezza Serenissima/ il duca / Guglielmo di Bevilacqua e Grazia / delle Belle Arti / Splendido Sapiente promovitore / queste Gemme Architettoniche / confortevole ricordo / de’ Itali Ingegni / Con ossequiosa fidanza / l’Editore / cav.Antonio Nob. Barbaro / offre e consacra / Vicenza 1856”. L’edizione veneziana del 1847 era stata dedicata a Sua Altezza Imperiale Giuseppe Giovanni principe imperiale e arciduca d’Austria.

(49) Le vedute del Corti-Galliene non figurano nelle edizioni di Vicenza città bellissima cit.

(50) La veduta non figura in S. MAZZONI, Introduzione. Per la storia delle prospettive e dell’Odeo Olimpico. Parte seconda Gli interni del teatro Olimpico in L. MAGAGNATO, Il teatro Olimpico, a cura di L. PUPPI, Milano 1992, pp.141-315.

(51) Le tre vedute sono omesse nelle edizioni di Vicenza città bellissima cit. Per le cinque vedute cfr. Andrea Palladio (1508–1580). Don Hans Duer. Mit Ubbiidungen.Separatbrucf aus der Zeitfchrift fur bildende Kunft. Leipzig, Verlag von E.U. Seermann, 1882.

(52) S. CORTI Le provincie d’Italia sotto l’aspetto geografico e storico. Regione veneta. Provincia di Vicenza. Milano 1892. Non sappiamo al momento se il Corti corrisponda allo stesso binomio Corti–Gallieni. La guida del Corti contiene a p.22 la Provincia di Vicenza e sua divisione in dieci Distretti [a colori], a p.29. Vie di comunicazione (pianta di viabilità), a p.33 Scena del teatro Olimpico, a p.35 Vignetta raffigurante: Santuario di Monte Berico.

(52bis) Si tratta sicuramente o di Giosuè Gallieni xilografo allievo del Ratti nello studio milanese, oppure del fratello del Gallieni Sanino xilografo nel secolo XIX, anche lui allievo del Ratti cfr. L. SERVOLINI, Dizionario illustrato degli incisori italiani moderni e contemporanei, Milano 1955. Nessuna informazione si evince circa il Corti che probabilmente è lo stesso Siro Corti autore della Guida su Vicenza.

(53) A. CERA, Federico Castegnaro in Dipinti e sculture cit. scheda n°35. L’Autrice fa notare il preciso riferimento alle vedute dell’Alverà del 1833 e di J.H. Harding del 1834: cfr. Vicenza città bellissima, cit. schede n°160 e 189.

(54) G. MARINI, Carlo Ferrari pittore veronese di vedute (1813-1871), in Piazza dei Signori, 1845. Vicenza a metà Ottocento nel dipinto di Carlo Ferrari, a cura di F. RIGON e R. ZIRONDA, Cittadella 2001, pp.4-11. Di IDEM Da Pietro Ronzoni a Ercole Calvi: la pittura di paesaggio a Verona, in L’Ottocento a Verona, a cura di S. MARINELLI, Verona 2001, pp.79-113.

(55) Cfr. Dipinti e sculture cit., ad vocem.

(56) Italo Valenti 1912–1995, a cura di G.MENATO, Vicenza 2001.

(57) Il lascito di Neri Pozza per un museo d’arte contemporanea a Vicenza, [a cura di B. RIGON BARBIERI], Milano 1989, p.52.

(58) V. SGARBI, Incisioni di Neri Pozza 1935-1985, Vicenza 1987, p.10.

(59) Le vedute di Guido Albanello edite da Gilberto Padovan sono sciolte e sono le seguenti: 1) Piazza dei Signori, 2) Parziale del centro storico con basilica Palladiana vista da monte Berico (verticale), 3) Complesso Valmarana a San Bastiano (verticale), 4) Ponte degli Angeli, 5) Palazzo Chiericati, 6) Palazzo del Territorio, 7) Giardini del Vescovo, 8) Ponte Pusterla, 9) Porta Castello, 10) Contrà Santa Chiara, 11) Parco Querini, 12) Piazza Duomo, 13) Villa Capra detta “la Rotonda”, 14) Porta Santa Croce, 15) Viale Eretenio, 16) Contrà Garibaldi, 17) Contrà Santa Caterina, 18 ) Piazza Biade, 19) Chiesa e chiostro di San Lorenzo, 20) Santuario della Madonna di Monte Berico, 21) Giardini Valmarana – Salvi, 22) Abbazia di Sant’Agostino, 23) Chiesa dei Carmini, 24) Parziale del centro storico con basilica Palladiana verso Monte Berico, 25) Chiesa di Santa Caterina ed ex convento di Ognisanti, 26) Chiesa e chiostro del convento di San Rocco, 27) Edifici sorti sul perimetro del teatro Berga, 28) Chiesa degli Scalzi detta di “San Marco”, 29) Chiesa di Santo Stefano, 30) Chiesa di Araceli, 31) Fiume Retrone tra ponte San Paolo e ponte San Michele, 32) Rione Barche con ponte romanico sul Retrone, 33) Chiesa e chiostri di Santa Corona, 34) Chiesa e chiostro di San Pietro, 35) Panoramica dal campanile della chiesa di San Marco, 36) Chiesa dei Santi Felice e Fortunato.

(60) G. VINCO DA SESSO, G. BERTI., G. ALBANELLO, Bassano del Grappa. Storia dell’Iconografia a Stampa e diciannove vedute di fine II millennio. Vicenza, G. Padovan editore, 2000. Il volume contiene precisamente: 1) Veduta grande presa dalla riva occidentale del fiume Brenta; 2) Veduta parziale di via Jacopo da Ponte ; 3) Veduta del Tempio Ossario; 4) Veduta del fiume Brenta sul convento di San Fortunato; 5) Veduta con i resti del castello degli Ezzelini; 6) Veduta di Porta Dieda; 7) Veduta di Porta delle Grazie; 8) Veduta di palazzo Bonaguro e della chiesa di San Donato; 9) Veduta della chiesa della Beata Vergine del Caravaggio; 10) Veduta della chiesetta di San Rocco; 11) Veduta parziale del centro storico; 12) Veduta di Piazza Libertà; 13) Veduta di Piazza Garibaldi; 14) Veduta di Piazzotto Montevecchio; 15) Veduta dell’ingresso del Ponte Vecchio presa da via Angarano; 16) Veduta della città e del Ponte Vecchio; 17) Veduta del Giardino Parolini; 18) Veduta della chiesa di San Vito; 19) Veduta della chiesa della Trinità.

Parziale del centro storico verso Monte Berico